La vita eremitica e contemplativa conobbe uno slancio del tutto singolare grazie all’opera di Sant’Antonio Abate, considerato uno dei più importanti personaggi cristiani del suo tempo.
La vita di Sant’Antonio Abate è caratterizzata, per lo più, da esperienze di tipo eremitico, nonché dall’assoluta dedizione a tutto ciò che concerne la vita cristiana. Dalla sua esperienza in avanti, cambiò il modo di concepire e di percepire la Santità, fino ad allora accostata quasi esclusivamente al martirio in nome di Gesù. Infatti, a seguito della Pace costantiniana, il Cristianesimo entrò a far parte, a tutti gli effetti, della vita del popolo. Con il passare degli anni (e con il passare degli editti) l’Impero andò trasformandosi, pian piano, in Impero Cristiano. Le persecuzioni erano sempre di meno e il martirio, seppur sempre presente, divenne una delle tante forme di concepire la “vita Santa”.
Dopo l’esperienza di Sant’Antonio, nato intorno al 250 da una famiglia di agricoltori nel villaggio di Coma, attuale Qumans, in Egitto, cambiò la mentalità di molti cristiani del tempo. Infatti, anche se con ogni probabilità non fu il primo a instaurare una vita eremitica e contemplativa nel deserto della Tebaide, rappresentò senz’altro uno degli esempi, in tal senso, più significativi. Grazie al suo esempio, il Santo è passato alla storia come “caposcuola” del monachesimo.
Il Santo rimase orfano dei genitori intorno ai 18 anni. Ciò che, prima di ogni cosa, spinse Sant’Antonio a intraprendere la vita che lo contraddistinse fu il passo evangelico “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi”. Antonio decise dunque di vendere tutti i suoi beni e, dopo la celeste visione diede vita al suo nuovo modus vivendi. Chiese a Dio di essere illuminato in tal senso e la risposta non tardò ad arrivare. Infatti, il Santo vide non lontano da lui un anacoreta che lavorava intrecciando una corda. Smetteva di lavorare, pregava e meditava. Poi, riprendeva immediatamente il suo lavoro. Questi era un Angelo di Dio che gli indicava la strada del “lavoro e della preghiera”. Quell’Angelo (e quel messaggio) anticipavano di qualche secolo ciò che sarebbe poi divenuto il motto “ora et labora” di San Benedetto.
Sant’Antonio, nel corso della sua vita terrena, insegnò quel tipo di vita a moltissimi suoi discepoli. Il suo concreto esempio lo offrì ritirandosi, per diverso tempo, nei luoghi più disparati. Tra tutte, una delle sue esperienze più importanti fu la sua “fuga eremitica” nel deserto della Tebaide.
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La Chiesa Cattolica festeggia la memoria liturgica di Sant’Antonio Abate il 17 gennaio. Nel corso del 561, fu scoperto il suo sepolcro, contenente le sue reliquie. Dopo una serie di spostamenti, queste arrivarono in Francia, nel corso dell’XI secolo. Sappiamo che nella Chiesa in cui furono portate le reliquie, arrivavano molti malati per chiedere una grazia. Nello specifico si trattava di malati di un particolare morbo, chiamato ai tempi “fuoco sacro”, conosciuto oggi come herpes zoster. Ai tempi, era così chiamato a causa del bruciore che provocava. Nel luogo in cui arrivavano i malati, fu costruito un ospedale e venne creata una confraternita di religiosi.
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Fabio Amicosante
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