Sant’Ireneo di Lione può essere considerato il primo teologo della storia, ma prima di tutto fu un pastore che amava Dio e lottò per la verità contro le eresie.
Ireneo è una figura di primaria importanza nella storia della Chiesa, discepolo di san Policarpo e, attraverso di lui, dell’apostolo san Giovanni. Nacque in Asia, forse a Smirne, e arrivò Gallia, dove nel 177 succedette nella sede episcopale di Lione al novantenne vescovo san Potino, morto per le percosse ricevute durante la persecuzione contro i cristiani. In quei giorni Ireneo era stato inviato a Roma dal suo vescovo per chiarire alcune questioni dottrinali., e quando tornò a Lione trovò una Chiesa decimata dei suoi preti e di gran parte dei suoi fedeli.
Governò come unico vescovo la Chiesa dell’intera Gallia
Governò come unico vescovo la Chiesa dell’intera Gallia, imparò le lingue dei barbari per evangelizzare le popolazioni celtiche e germaniche e scrisse cinque libri contro le eresia che si stavano diffondendo molto pericolosamente in quegli anni. Da questi, traspare il grande talento e l’importanza di questa figura per la storia della Chiesa. Il nome “Ireneo”, che significa “pacifico”, “pacificatore”, “serafico”, include in sé già il programma della sua vita.
Oggi Ireneo è ricordato come il primo teologo cristiano a tentare di elaborare una sintesi globale del cristianesimo primitivo, che in vita dovette confrontarsi con due eventi avversi di grande pericolosità. Vale a dire, con l’insorgere dello gnosticismo in ambito cristiano, prima forma di eresia capace di affascinare molti cristiani colti, e poi con il diffondersi nel mondo pagano del neoplatonismo, filosofia ingannevole e insidiosa perché presentava molte affinità con il cristianesimo.
Ireneo diede alle eresie una risposta assolutamente decisiva
Ireneo diede a tutte queste una risposta assolutamente decisiva, evidenziando sia gli errori contenuti nello gnosticismo che intrattenendo un dialogo con il neoplatonismo, accogliendone persino alcuni principi filosofici generali, elaborandoli personalmente. Per Ireneo, i filosofi greci ignorano Dio, tuttavia vede in Platone il più religioso degli gnostici. Questo, infatti, nelle Leggi affermava che “Iddio regge cominciamento termine e medietà del principio, di quanto esiste; retto Egli procede secondo sua natura, in giro sempiterno volvendosi. E dietro a lui, perenne, giustizia viene”.
E ancora, nel Timeo: “Buono Egli è; in chi è buono, senza nullo d’invidia per nulla, in nulla occasione viene mai insorgendo”. Questi scritti permisero a Ireneo di entrare in contatto con una parte del pensiero di Platone e di accoglierlo all’interno dell’elaborazione teologica cristiana. Mentre invece non c’era speranza alcuna per la cosiddetta dottrina della gnosi, che affermava essere la fede insegnata dalla Chiesa.
L’illusione di formare una sorta di cristianesimo elitario
Al contrario, però, questa vedeva la Chiesa come nient’altro che una raccolta di simbolismi adatti per i più semplici e ignoranti, incapaci di comprendere le verità ultime più difficili. Al contrario, vi era un gruppo di “iniziati”, intellettuali o gnostici, che sarebbero stati a loro avviso gli unici ad avere capito quanto stava dietro questi simboli. In questo modo, si formava una sorta di cristianesimo elitario, che tuttavia non faceva altro che dividersi al loro interno perché ognuno dei componenti finiva per inseguire questo o quell’altro capriccio di natura intellettuale puramente umano, narcisistico e egoistico.
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Al centro della teologia di Ireneo, invece, c’è la questione della “Regola della fede” e della sua trasmissione, che in sostanza coincide con il Credo degli Apostoli: unica e vera chiave per interpretare il Vangelo. Ma al netto di tutto ciò, Ireneo è un uomo di fede e un Pastore, con il il senso della misura, la ricchezza della dottrina, l’ardore missionario. Alla difesa dela dottrina e alla chiarezza della verità sono dedicate le sue due opere principali: i cinque libri dell’Adversus haereses, (Contro le eresie), e la Demonstratio apostolicae praedicationis (l’Esposizione della predicazione apostolica).
Giovanni Bernardi