Santa Chiara è famosa in tutto il mondo ma c’è un episodio davvero sorprendente della sua vita che non tutti conoscono, che ricorre oggi.
Chiara partì infatti quando aveva ancora un’età inferiore di venti anni, e lo fece fuggendo di notte dalla casa paterna, dove ella viveva con i propri familiari, per raggiungere il Poverello.
La futura santa era infatti entusiasmata dall’esperienza di Francesco d’Assisi, e Francesco la accolse nella fede per il Signore Gesù, che Chiara non lascerà mai per tutta la sua vita. Il santo di Assisi, subito dopo l’incontro tra i due, le taglia i capelli e Chiara qualche anno più tardi si installa con alcune compagne nel piccolo convento, restaurato dai frati, nei pressi della Chiesa di San Damiano.
Al di là di questo importante e noto episodio, ce ne fu però un altro che attesta per primo la santità di Chiara ben in precedenza dell’incontro con Francesco. Si tratta del suo intervento miracoloso in occasione dell’assedio della città da parte dei Saraceni, che con vigore riuscì a centrare il bersaglio e ad arrestare le truppe saracene di Vitale d’Aversa, che nel 1240 e nel 1241 stavano per assediare violentemente la città.
Un evento che non è affatto leggendario o inventato, tanto che sei delle quindici sorelle Clarisse, chiamate a testimoniare in occasione del processo di canonizzazione che fece seguito alla morte della Santa nel 1253, confermarono per filo e per segno questo avvenimento. L’episodio poi, oltre che comparire in importanti tavole artistiche, viene anche riportato con dovizia di dettagli nel tredicesimo capitolo della “Vita di Santa Chiara” redatta da Tommaso da Celano, in occasione della canonizzazione della Santa nel 1255.
Ci volle ben poco prima che l’evento divenne oggetto di devozione popolare, grazie anche alle numerose immagini che raccontavano la scena. Come quella sulla faccia esterna di un dittico, con quattro storie di santi, conservato nella Pinacoteca di Siena, che ad oggi rappresenta una delle più vecchie e significative rappresentazioni pittoriche del Miracolo di Santa Chiara. L’opera, la cui datazione è controversa ma che viene fissata a prima del 1280, ovvero a meno di quaranta anni dall’evento, venne dipinta da Guido da Siena o da allievi della sua scuola e fornisce una rappresentazione molto minuziosa e scenografica della cacciata dei Saraceni.
In ogni caso, l’evento riporta al 1239, quando lo scontro tra Federico II e Papa Gregorio IX era all’apice, visto che l’imperatore che era scomunicato dal Papa reagì duramente invadendo il Ducato di Spoleto. In questo contesto Assisi, che era una delle principali città del Ducato, si trova ad essere direttamente minacciata, come anche il piccolo Convento di San Damiano che si trova fuori le mura della città, protetto solamente da un fragile e simbolico muro di cinta.
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Le suore finiscono per essere le prime esposte alle razzie e alle violenze e agli stupri dei mercenari, in cui figurano anche delle unità mussulmane, che tra tutte le altre risultano essere persino le più devote a Federico II. Sono infatti saraceni discendenti dei musulmani di Sicilia che si erano trasferiti nell’area e nella città di Lucera, nella Capitanata, dopo una rivolta che gli aveva permesso di ottenere speciali privilegi e la libertà di conservare la loro religione.
Nel suo racconto, con grande durezza di dettagli, il maggiore biografo del santo di Assisi, Tommaso da Celano, spiega che le suore si trovavano in uno stato di forte spavento. Alcune svengono, altre sono in preda il panico. Ben diversa era invece la situazione di Chiara, che nonostante fosse ammalata non si lascia in alcun modo spaventare o prendere dal panico, ma al contrario si fa trasportare davanti agli assalitori, con la sola protezione delle particole consacrate conservate in una pisside.
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In quel momento, la futura santa inizia un profondo dialogo con Gesù. Il Signore le risponde con voce di bambino e la rassicura per quanto riguarda le suore. “Vi proteggerò sempre”, le dice. La stessa rassicurazione arriva anche per la città, quando Gesù disse a Chiara: “verrò in suo aiuto e protezione”. Un evento che desterà in lei fiducia incrollabile e incondizionata, e consapevolezza che dalla sua parte ha l’arma più forte in assoluto: quella della preghiera a Dio. “La frenesia di questi cani arrabbiati si trasforma in paura, tanto che ruzzolano dalla muraglia molto più velocemente di quanto non fossero saliti”.
L’episodio viene infine ricapitolato con estrema forza, tipica dell’immagine, sul pannello conservato a Siena, dove si vede Santa Chiara che esce da una costruzione simile a una chiesa, con un panno bianco che le ricopre le mani che che tengono il ciborio, sintesi del dialogo con Dio. Fu infatti proprio la sua preghiera a provocare la sconfitta degli assalitori, che abbandonano i loro picconi in una caduta mortale, sotto lo sguardo atterrito di due gruppi di persone.
Insomma Chiara, la “piccola pianta” di San Francesco, affronta gli infedeli a pochi anni di distanza dal ben più noto incontro del Santo con il Sultano Al Kamil a Damietta. Tra le mani di Chiara, l’emblema per eccellenza della fede dei Cristiani, che rende ancora più Assisi una vera e propria città santa, le cui torri riportano direttamente a quelle di Gerusalemme, che in quel periodo sfuggiva dalle mani dei cristiani.
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Con la preghiera incessante, Chiara sconfigge l’assedio delle truppe di Federico II, e gli assisani gliene saranno per sempre, fin da allora, fortemente grati. Da allora il 22 giugno, data del miracolo della liberazione della città assediata nel 1241, diventerà festa ufficiale del Comune di Assisi in ringraziamento del miracolo di Chiara.
Giovanni Bernardi
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