La leggenda vuole che Sant’Agostino si trovò ad interloquire con Gesù Bambino, sulla riva del mare, mentre affondava i suoi pensieri sul Mistero Trinitario. In quell’occasione, il Santo ricevette un grande insegnamento dal piccolo Bambino.
È una delle leggende più studiate in campo storiografico e teologico. L’incontro tra Sant’Agostino e il Bambino sulla riva della spiaggia (di Civitavecchia? O di Ippona?) ha suscitato la curiosità di molti studiosi e non solo. In campo iconografico, la storia di questo incontro si è rivelata fonte di ispirazione per molti artisti: dal 1400 circa, fino ai giorni nostri, molti illustratori hanno realizzato sculture, quadri e mosaici con questa scena protagonista.
Sant’Agostino: il mare in una buca
Il Santo Vescovo si trovava a passeggiare lungo una spiaggia, meditando sul Mistero della Trinità. Agostino vide allora un Bambino, che con un secchiello prendeva l’acqua dal mare e la versava in una piccola buca. Il Santo gli chiese cosa stesse facendo e il bambino disse che voleva travasare tutto il mare nella buca. Agostino disse: “Come puoi pensare di racchiudere il mare, che è così grande, in una buca che è così piccola?”. Il bambino, a sorpresa, rispose: “E tu come puoi pensare di comprendere Dio, che è infinito, con la tua mente, che è così limitata?”. Detto ciò, il bambino scomparve.
Il miracoloso incontro nelle fonti
Questo episodio miracoloso è stato studiato da moltissimi addetti ai lavori, tra i più autorevoli ricordiamo Louise Lefrancois-Pillion, che nel 1908 scrisse La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts. L’episodio ha una storia millenaria, sappiamo infatti che circolava già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum (gli exempla rappresentavano un genere letterario molto diffuso nel Medioevo), derivato da uno scritto di Cesare d’Heisterbach, abate e scrittore tedesco. Ma da dove deriva allora l’attribuzione dell’episodio a Sant’Agostino?
L’attribuzione dell’episodio a Sant’Agostino
Tutto ciò fu poi collegato al Santo vescovo, ma in che modo? L’attribuzione al Santo d’Ippona risale almeno al 1263, data in cui per la prima volta si incontra la leggenda applicata a Sant’Agostino. L’attribuzione si fonda su un testo della Lettera apocrifa a Cirillo, scritta dallo stesso Agostino. In un passo, Agostino ricorda una rivelazione divina: “Augustine, Augustine, quid quaeris? Putasne brevi immittere vasculo mare totum?”, che, tradotta, significa: “Agostino, Agostino che cosa cerchi? Pensi forse di poter mettere tutto il mare nella tua nave?”
L’incontro nell’iconografia
L’incontro si è rivelato fonte di ispirazione per molti artisti, godendo di immensa fortuna dal punto di vista iconografico. L’iconografia agostiniana legata alla Trinità trae le sue origini già dal ‘400 con Bernardino di Betto Betti (Pinturichio). Ma anche molti altri maestri hanno prodotto opere ispirate al miracolo: ricordiamo l’opera di Filippo Lippi (1450-1460) conservata a Pietroburgo. Nel ‘600 il maestro Marzio Ganassini produsse la sua opera conservata nel Chiostro della Chiesa della SS. Trinità a Viterbo. Più recentemente, nel 1986, Martin Gallego ha riprodotto il miracolo dell’incontro. L’opera è custodita a Madrid.
Fabio Amicosante
Per approfondire San’Agostino: clicca qui
Segui tutte le nostre News anche attraverso il nuovo servizio di Google News, CLICCA QUI