Non tutti lo sanno, ma Sant’Agostino, uno dei maggiori Padri della Chiesa, prima della conversione a Milano visse in maniera più che dissoluta.
A Milano conobbe infatti Sant’Ambrogio, da cui venne battezzato. Sant’Agostino è uno dei più grandi pensatori del Cristianesimo e uno dei più grandi filosofi in assoluto. Nacque nel 354 d.C a Tagaste, nell’odierna Algeria. Durante la sua adolescenza a Cartagine, prima della conversione, fu ladro, donnaiolo, concubino. Ebbe poi un figlio fuori dal matrimonio. In sostanza, la sua vita fu piuttosto dissoluta.
Studiava come filosofo, su tutti i testi principali della cultura ellenistico-latina. La madre lo seguì quando si trasferì a Roma proprio con l’obiettivo di controllarlo per via del suo stile di vita. Ma lui con uno stratagemma la lasciò a terra a Cartagine.
A 29 anni infatti, nel 383, Agostino cedette all’attrazione che provava per l’Italia trasferendosi nella capitale. Lì riprese a frequentare la comunità manichea già seguita a Cartagine, e decise di aprire una scuola di retorica. Ma i suoi alunni lo defraudavano spudoratamente delle loro tasse d’istruzione. Il che provocò in lui forte disgusto.
Così decise di fare domanda per un posto vacante come professore di retorica a Milano, lasciando in questo modo la scuola che aveva fondato a Roma. Il praefectus urbi Quinto Aurelio Simmaco aiutò Agostino a ottenere il posto, con l’obiettivo però di contrastare la fama del vescovo Ambrogio.
Una volta che Agostino fece visita al vescovo venne però totalmente attratto dai suoi discorsi, così decise di seguire le sue predicazioni. Il racconto della storia della conversione del retore Vittorino aprì infine la strada alla metanoia di Agostino, all’età di 32 anni, nel settembre 386 in un giardino di Milano.
Fu la voce di un bimbo ad esortarlo ad aprire la Bibbia e a leggerla. I suoi occhi caddero su un passo di san Paolo di Tarso, il grande peccatore che divenne poi l’Apostolo delle genti.
La circostanza della conversione è poi stata raccontata nelle Confessioni: “Così parlavo e piangevo nell’amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi»”.
Il Santo spiegò in seguito, sempre nel libro delle Confessioni, che fu la Provvidenza a indirizzarlo verso Ambrogio. “La tua mano (di Dio) mi conduceva a lui (Ambrogio) senza che io lo sapessi, per essere condotto, cosciente, da lui a Te. Egli, l’uomo di Dio, mi accolse con bontà paterna: da buon maestro accolse il pellegrino. Presi subito ad amarlo, sulle prime, purtroppo, non come un maestro di quella verità che io non speravo affatto di trovare nella tua Chiesa, ma per la sua bontà verso di me.
Ero assiduo ascoltatore delle spiegazioni che teneva al popolo, non con lo scopo con cui avrei dovuto, ma quasi per giudicarne l’eloquenza, se conforme alla fama, […] e pendevo dalle sue labbra, attratto dalle sue parole, ma non interessato, anzi alquanto infastidito dall’argomento. «Lontano dai peccatori è la salvezza», e io ero di quelli. Però andavo avvicinandomi a essa, a poco a poco, senza saperlo”.
Sant’Agostino diede così le sue dimissioni da insegnante alla cattedra di retorica e si ritirò nella sua residenza di campagna a Verecondo. Lì si dedicò alla ricerca della vera filosofia. Nel 387, all’inizio della quaresima, tornò a Milano. Dove prese posto fra i competentes per essere battezzato da Ambrogio, nella Veglia pasquale.
Dopo il suo battesimo restò a Milano fino alla seguente estate per lavorare sulle sue due opere De immortalitate animae e De Musica. Terminata l’esperienza ambrosiana, ritornò in Algeria, nella sua terra natale.
Nel 388, mentre Agostino si stava per imbarcare ad Ostia per tornare in Africa, la madre, Santa Monica, che aveva pregato per decenni chiedendo la sua conversione, morì. Poi venne canonizzata, e la sua memoria liturgica ricorre il 27 agosto, il giorno prima di quella di Agostino il 28 agosto.
Arrivato in Algeria, Agostino vendette i suoi averi per donarne il ricavato ai poveri. Morì infine in terra africana, nel corso dell‘assedio dei Vandali. La sua salma fu traslata infine a Pavia, dove tutt’oggi riposa.
Nel suo animo, spiegò, la verità che cercava era sempre stata al suo fianco, fin dall’inizio. “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Tu eri dentro di me ed io ero fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con Te. Mi tenevano lontano da Te le tue creature, inesistenti se non esistessero in Te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di Te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace (Confessioni X, 27,38)”.
Agostino aveva ben compreso che un uomo è ciò che ama. Nell’incontro con Ambrogio, Agostino comprese che Dio è carità, che la carità è nella verità, e infine che l’amore è alla radice di ogni bene. Concetti che segneranno indelebilmente tutta la teologia cristiana, tanto da dare il titolo a due encicliche di Benedetto XVI.
“Ama, e fa’ ciò che vuoi. Se tu taci, taci per amore: se tu parli, parla per amore; se tu correggi, correggi per amore; se tu perdoni, perdona per amore. Sia in te la radice dell’amore; e da questa radice non può derivare se non il bene (Agostino d’Ippona, In litteram Ioannis ad Parthos, discorso VII)”
Giovanni Bernardi
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