“Era molto potente presso di noi Sant’Antonio, persona ordinata e di buona memoria, che faceva trovare la roba a chi la perdeva.
Occorreva però un intermediario che conoscesse bene l’incantagione necessaria a farlo intervenire. Si chiamava i sequèri”. Questo ha scritto Luigi Meneghello, nel suo libro “Libera nos a Malo”, e ancora: “Mia zia Lena la conosceva benone: si aggirava per la stanza recitando “Secuèri miràcula …” e tutto il resto, con intensa concentrazione; e alla seconda o alla terza volta Sant’Antonio era costretto a tirar fuori deàle (ditale), gùcia (ago), …”.
Perché recitare i “Sequeri”
Con il termine “Sequeri”, che deriva dal latino “Si quaeris miracula”, si indica una preghiera particolare con cui ci si rivolge ad un Santo -in questo caso specifico a Sant’Antonio di Padova- per trovare cose smarrite.
“Si quaeris miracula” sono proprio le parole iniziali della preghiera al Santo di Padova che ha la reputazione di concedere 13 grazie al giorno. Come tradizione indica, la preghiera che segue andrebbe recitata 13 volte consecutivamente, da qui, probabilmente, il termine “tredicina“, per indicare le preghiere rivolte a Sant’Antonio di Padova.
Ricordiamo che anche Sant’Onofrio il Peloso e San Graziano di Tours sono invocati per cercare e trovare oggetti smarriti.
Sequesti a Sant’Antonio di Padova
Se cerchi miracoli, ecco messi in fuga morte, errore, calamità, spiriti infami e lebbra,
ecco gli ammalati ergersi sani.
Si distendono il mare e le catene, la salute e le cose perdute chiedono e ritrovano
i giovani e i vecchi.
Svaniscono i perigli, termina persino la miseria; lo attestino questi, che lo sperimentano, lo dicano i Padovani!
Si distendono il mare e le catene, la salute e le cose perdute chiedono e ritrovano i giovani e i vecchi.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
Si distendono il mare e le catene, la salute e le cose perdute chiedono e ritrovano i giovani e i vecchi.
Antonella Sanicanti
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