Di fronte alla durezza del carcere e all’attesa della morte, una giovane tenne un diario dei suoi ultimi giorni, mentre al suo fianco una donna è gravida.
Ci si trova in Africa del Nord, a Cartagine, e l’anno è il 203. Nelle pagine che si leggeranno si parla di prigioni affollate, caldo torrido e visitatori continui. L’autrice si chiamava Livia Perpetua, ha 22 anni, è sposata e madre di un bambino. La donna accanto a lei è più giovane, si chiama Felicita, ma la sua gravidanza era in stato avanzata.
Le due donna sono recluse per la loro fede
Le due erano recluse insieme a tre uomini, tutti condannati a morte a causa della loro fede in Cristo. Fu la strada verso il loro brutale martirio, accaduto durante l’impero di Settimio Severo, imperatore africano e in guerra perenne contro i molti nemici che vogliono attaccare Roma. Ogni sua azione veniva infatti compiuta in difesa di Roma, e non esitava ad utilizzare la violenza.
Nei primi anni del suo impero Settimio Severo si mostrava tollerante con i cristiani, ma nella sua visione globale della guerra poi cominciò a includere anche la caccia alla fede in Gesù. La dura lotta si scagliava contro il proselitismo cristiano e anche ebraico. Non tollerava che qualcuno possa abbandonare il paganesimo. Per tutti quelli che pensavano di poterlo fare, scattava la pena di morte.
La loro morte fu testimonianza di grazia fino alla fine
Una morte non semplice e silenziosa, ma spettacolare. Tutti dovevano vedere come si finiva a contrastare l’impero. Così il martirio di Perpetua, Felicita e gli altri incominciò nell’arena, contro le belve feroci e affamate che sbranano chiunque. Ma la loro decapitazione finirà sugli altari della Chiesa.
I suoi ultimi giorni, Perpetua li visse con grande serenità e dignità, nell’amore per Cristo che non l’abbandonò nemmeno un istante. Vide anche la sua compagna Felicita crollare sotto i colpi mortiferi, ma Perpetua non smise mai di starle vicino. Mentre la veste della donna veniva lacerata, lei la rimetteva in piedi con grande delicatezza, rialzandola da terra con amore e comprensione. La folla, di fronte a cotanta grazia, era sconvolta e incredula, e al desiderio di vedere versare sangue innocente si mischiava un’incredula commozione per queste due figure.
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Le due furono strumento della grazia del Signore per l’umanità
La grazie del Signore stava infatti entrando nel loro cuore grazie a queste due martiri, portatrici e strumento dell’amore di Cristo testimoniato per tutta l’umanità. Le sante Perpetua e Felicita rientrano nel numero dei martiri africani più illustri della cristianità, insieme a san Cipriano.
Il diario di Perpetua venne poi ripreso e raccolto in un’opera forse di Tertulliano, “Passione di Perpetua e Felicita”, testimone a Cartagine, anche se poi ne nacque una discussione sull’attribuzione dei testi al noto apologeta romano vissuto nei primi secoli della cristianità.
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La Basilica eretta nel luogo in cui furono sepolte
Il culto di queste due sante e dei loro compagni martiri ebbe fin da subito una straordinaria e immediata diffusione. Le loro gesta furono memorabili e colpirono nel cuore e nella mente di tanti cristiani che ancora oggi lo ricordano. Il loro ricordo fu scandito anche da omelie di Agostino pronunciate in occasione della loro festa.
La palma del martirio viene utilizzata come loro attributo iconografico, mentre nel luogo stesso in cui questi martiri furono sepolti venne eretta una splendida Basilica Maggiore, dove in seguito venne anche scoperta un’antica iscrizione con i loro nomi.
Giovanni Bernardi