San Benedetto da Norcia è venerato da tutte le Chiese cristiane che riconoscono il culto dei santi. È considerato il patriarca del monachesimo occidentale.
San Benedetto da Norcia nacque nel 480 circa, insieme alla sorella gemella Scolastica, Santa anche lei. Il padre mandò i due gemelli a Roma per compiere gli studi letterari, tuttavia, già in giovane età (a 12 anni), Benedetto manifestò la sua vocazione spirituale: abbandonò i beni paterni, allontanandosi anche dagli studi letterari. Il giovane, come ci dice Papa Gregorio I, “volle far parte della vita monastica”. Attratto dunque dalla vita monastica, all’età di 17 anni si ritirò nella Valle dell’Aniene e successivamente a Subiaco, dove incontrò il monaco Romano, il quale gli indicò una grotta dove Benedetto visse come eremita per circa tre anni.
Dopo i tre anni vissuti in solitudine, il Santo Benedetto si ritirò in vita cenobitica a Vicovaro, per poi spostarsi verso Subiaco. I primi anni di vita monastica del Santo non furono semplici, molti dei suoi spostamenti furono causati da alcuni tentativi di avvelenamento che subì in monastero. Se è vero che per alcuni era considerato già un Santo e una figura di riferimento, molti altri non ne compresero fin da subito la forza spirituale e gli andarono contro. Benedetto abbandonò anche il monastero di Subiaco e si diresse verso Cassino, dove fondò il Monastero di Montecassino.
La vita di San Benedetto era immersa in un’atmosfera di preghiera, fondamento della sua vita terrena e della sua esistenza. Ma il Santo non perse mai di vista quell’approccio alla realtà: fondamentali furono per lui i doveri della vita quotidiana e l’uomo, con i suoi bisogni concreti. Benedetto scrisse la sua Regola intorno al 540. All’interno di essa, il Santo qualificò la vita monastica “una scuola del servizio del Signore” (Prol. 45). Sottolineava allo stesso tempo che la preghiera è in primis atto d’ascolto, che poi si doveva tradurre in azione concreta.
Vi sono due idee essenziali, due precetti che rappresentano le basi del concetto di vita comunitaria di San Benedetto. Il primo è il concetto di stabilitas loci, cioè l’obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero, che si contrapponeva al vagabondaggio, allora piuttosto diffuso tra i monaci. L’altro è la conversatio, cioè la buona condotta morale, la pietà reciproca e l’obbedienza all’abate. Alla regola benedettina è anche associata una locuzione divenuta molto nota con il tempo: il concetto di ora et labora (prega e lavora). L’espressione riassume i due momenti che di norma scandivano le giornate nelle comunità religiose medievali.
La figura di San Benedetto è curiosamente inserita in uno dei primi documenti rinvenuti in lingua volgare. Si tratta del Placito di Capua, risalente al 960 d.C. Il Placito capuano è un atto giudiziario riguardante una disputa tra l’abbazia di Montecassino e un tale Rodelgrimo d’Aquino. La causa riguardava la proprietà di un territorio tra Campania e Lazio Meridionale. Tre testimoni dichiararono in favore dei Benedettini recitando tali parole: “Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte S(an)c(t)i Benedicti”, che significa: “So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent’anni le ha tenute in possesso l’amministrazione patrimoniale di San Benedetto”, dunque, quei territori erano stati in precedenza, per lungo tempo (almeno 30 anni), posseduti dal monastero che li rivendicava.
San Benedetto morì il 21 marzo 547, a quaranta giorni dalla scomparsa della sorella gemella Scolastica, con la quale ebbe comune sepoltura. Alcuni miracoli di guarigione e risurrezione del Santo sono stati ricordati dai Dialoghi scritti da Papa San Gregorio Magno. Papa Paolo VI lo dichiarò Patrono d’Europa, attraverso il breve Pacis nuntius, il 24 ottobre 1964. Diverse comunità benedettine ricordano il dies natalis del santo il 21 marzo. Il nuovo calendario del 1969 celebra la sua memoria liturgica l’11 luglio.
Fabio Amicosante
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