Patrona dell’Africa, Santa Giuseppina Bakhita, una figura straordinaria che dopo aver vissuto gli orrori della schiavitù, conosce l’amore di Dio a cui dedica tutta la sua vita.
La storia di Santa Giuseppina Bakhita inizia ad Oglassa, un piccolo villaggio del Sudan meridionale, nella regione del Darfur, dove nasce intorno al 1869. All’età di circa 7 anni viene rapita dai mercanti arabi che schiavizzavano le persone di colore.
Ha un trauma così grande che non ricorda più il suo nome. I rapitori la chiamano Bakhita, che in arabo significa “fortunata”. Si apre per lei un lungo periodo in cui vive in schiavitù, venduta e comprata da un padrone all’altro.
Saranno ben i cinque i padroni che via via avranno la proprietà su di lei e la sottopongono tutti a terribili torture. Deve lavorare duramente, viene picchiata e trattata come un oggetto. La tortura più grande che subisce è da parte del padrone più cattivo, un generale turco che le fa tatuare tutto il corpo tranne il viso con 114 tagli di rasoio della profondità di 1 cm su cui veniva messo il sale per marcare i segni.
All’età di circa 15 anni viene comprata dal Console italiano Callisto Legnani, e finalmente trova un padrone che la tratta umanamente. Nessuna percossa e nessuna punizione, e quando il Console deve ritornare in Italia la porta con sé.
La sua vita cambia ulteriormente quando viene regalata ad un imprenditore amico del Console, Augusto Michieli, che insieme alla moglie prendono Bakhita come bambinaia della loro piccola figlia, Mimmina. In un primo momento la famiglia si trasferisce a Zaniago, una frazione di Mirano Veneto. Poi, quando i coniugi devono recarsi all’estero per lavoro, lasciano la bambina e Bakhita dalle Suore Canossiane dell’Istituto dei Catecumeni di Venezia.
Lì avviene l’incontro con Gesù, che lei non conosceva, con quel Dio che “sentiva in cuore senza sapere chi fosse”. È stupita quando vede il Crocefisso e scopre che i cristiani credono in un Dio che è stato torturato e messo a morte nella stessa forma che nel suo paese si usava ancora per uccidere gli schiavi.
Bakhita diventa cristiana: dopo un periodo di catecumenato nel 1890 riceve il Battesimo e nello stesso giorno anche la Comunione e la Cresima. Prende il nome di Giuseppina e vorrebbe consacrarsi e diventare suora. Quando i padroni tornano prende coraggio e dice di voler rimanere lì invece che andare con loro.
Con l’aiuto del patriarca di Venezia, ormai maggiorenne, ottiene la cittadinanza italiana e con essa la libertà che le consente di fare la sua scelta. In un primo momento teme di poter arrecare danno al Convento nel chiedere di prendere i voti, per i pregiudizi nella società sulla sua pelle scura, ma poi lo fa e viene accettata.
È il 1896 quando diventa suora canossiana. Tutto il resto della sua vita, per altri cinquant’anni, lo dedica a Dio, che chiama in dialetto veneto “el me Paròn”. La spiritualità di questa suora venuta da lontano e con un passato molto difficile alle spalle è semplice e pura.
Viene soprannominata “moretta” per il suo colore, ma anche “la mosca di Gesù” perché era solita pregare costantemente sottovoce mentre si affaccendava intorno al Crocefisso o in chiesa. Il ronzìo delle sue preghiere suonava come quello di una mosca.
Aveva l’abitudine di baciare il fonte battesimale dicendo “qui sono diventata figlia di Dio!”. Nel convento di Schio, dove è destinata, svolge tanti umili lavori: fa la cuoca, la ricamatrice, la portinaia e durante la Seconda Guerra Mondiale cura i feriti. Si occupa dei bambini amorevolmente, assiste gli orfanelli, e non si considera in grado di insegnare il catechismo, ma prega affinché le altre lo insegnino bene.
Perdona sinceramente coloro che in passato l’hanno torturata e quando le chiedono cosa farebbe se incontrasse chi l’ha fatta così tanto soffrire lei risponde: “Se incontrassi quei trafficanti di schiavi che mi hanno rapita, e anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare loro le mani, perché se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e suora”.
In vecchiaia si presenta la malattia che lei affronta dicendo “come vol el Paròn”, come vuole il Signore, affidandosi in tutto alla volontà di Dio. In punto di morte, a causa di una polmonite, l’8 febbraio 1947, vede la Vergine Maria e spira dicendo “La Madonna, la Madonna!”. Verrà beatificata da Papa Giovanni Paolo II nel 1992 e canonizzata nel 2000.
Proprio nel giorno della sua memoria liturgica Papa Francesco ha scelto di promuovere la Giornata Mondiale di preghiera e contro la tratta delle persone. Sono numerose infatti ancora oggi le nuove forme di schiavitù di cui sono vittime persone di tutte le età a cominciare dai bambini fin dalla più tenera età. Rientra la tratta di esseri umani legata allo sfruttamento sessuale e nel caso dei minori alla pedofilia e pedopornografia. Tra le schiavitù oggi esistenti anche la tratta legata all’acquisto e vendita di organi umani.
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