Fu un grande difensore della teologia cattolica, stimato dal popolo e dai sovrani, e con la sua opera permise a molti monaci di meditare sull’essenza divina.
Sant’Anselmo è nato verso il 1033 ad Aosta da genitori erano nobili e ricchi, e sin dall’infanzia sognò di poter raggiungere Dio. Nella sua semplicità di bambino, pensava che si trovasse sulla sommità delle montagne. Dopo la sua prima esperienza educativa, cadde in una terribile crisi d’ipocondria.
La madre lo affidò ai benedettini d’Aosta. Da allora Anselmo iniziò a sentire il desiderio di farsi monaco, ma il padre fu fermamente contrario. Lo voleva infatti erede dei suoi averi. Presto le attrattive del mondo e le passioni prevalsero sul giovane Anselmo, e il padre lo avversò al punto che il figlio decise di abbandonare la famiglia e la patria.
In Francia entrò in contatto con l’abbazia del Bec e con il priore Lanfranco di Pavia. In quel contesto Anselmo maturò il desiderio di vestire l’abito monacale, e nel 1060 entrò nel seminario benedettino del Bec, succedendo a Lanfranco nella carica di priore e di direttore della scuola.
Nelle responsabilità crescenti, Anselmo non trascurò di dedicarsi sempre più a Dio ed allo studio, e soleva trascorrere parte della notte in preghiera e correggendo manoscritti. Gli scritti che lasciò sono veri e propri capolavori pedagogici e dogmatici. Presto la fama del suo monastero si sparse ovunque, attirando in questo modo un’élite avida di scienza e di perfezione religiosa.
Il suo carisma, all’interno del monastero e fuori, era grande, dovuto alla sua affabilità nei modi e alla sua capacità di entrare in contatto con i cuori dei singoli. Anche la corte dio Londra presto lo conobbe e cominciò ad apprezzare le sue doti. Nel 1076, al fine di soddisfare la richiesta crescente dei suoi monaci di meditare sull’essenza divina, pubblicò il “Monologion”.
Opera da tutti riconosciuta come un testo fondamentale per la densità e lucidità di pensiero circa l’esistenza di Dio, i suoi attributi e la Trinità. A cui fece seguito il “Proslogion”, in cui venne sistematizzata la dimostrazione dell’esistenza dell’Essere supremo. “Dio è l’essere di cui non si può pensare il maggiore”, scriveva.
“Il concetto di tale essere è nella nostra mente, ma tale essere deve esistere anche nella realtà, fuori della nostra mente, perché, se esistesse solo nella mente, se ne potrebbe pensare un altro maggiore, uno, cioè, che esistesse non solo nella mente, ma anche nella realtà fuori di essa”.
Mentre la sua fama cresceva a dismisura, il 6 marzo 1093 venne eletto dal re Guglielmo II il Rosso arcivescovo di Canterbury. In quel periodo la situazione della Chiesa inglese era molto difficile e triste a causa della simonia, della decadenza dei costumi e della violazione della libertà religiosa da parte del re.
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Sant’Anselmo tentò di rimediare a tutto questo, cercando di portare avanti il lavoro iniziato con la riforma adottata da San Gregorio VII. Nello scisma consumatosi nel 1054 tra Oriente ed Occidente, Sant’Anselmo si presentò come il teologo dei latini, e nel 1099 prese parte al sinodo di Roma, in cui furono ribaditi i decreti contro la simonia, il concubinato dei chierici e la reinvestitura laica.
Giovanni Bernardi
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