Gesù affida le sue pecore a Pietro, il più peccatore, e lo invita a pascere il Popolo di Dio con umiltà e amore, anche in mezzo ai suoi sbagli e ai suoi peccati: così il Papa ieri nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:
Gesù sceglie il più peccatore per pascere le sue pecore
Nella sua omelia il Papa commenta il Vangelo del giorno (Gv 21,15-19), in cui Gesù risorto dialoga con Pietro sulla riva del lago, là dove l’apostolo era stato chiamato. E’ un dialogo tranquillo, sereno, tra amici, sottolinea Francesco, nell’atmosfera della Risurrezione del Signore. Gesù affida le sue pecore a Pietro, ponendogli tre domande, chiedendogli se lo ama:
“Gesù sceglie il più peccatore degli apostoli, gli altri sono scappati, questo lo ha rinnegato: ‘Non lo conosco’. E Gesù gli domanda: ‘Ma tu mi ami più di costoro?’. Gesù sceglie il più peccatore”.
Pascere il Popolo di Dio con umiltà, anche tra gli sbagli
E’ stato scelto, dunque, “il più peccatore” per “pascere il Popolo di Dio. Questo ci fa pensare”, osserva Francesco. Gesù chiede a Pietro di pascere le sue pecore con amore:
“Non pascere con la testa in su, come il grande dominatore, no: pascere con umiltà, con amore, come ha fatto Gesù. Questa è la missione che dà Gesù a Pietro. Sì, con i peccati, con gli sbagli. Tanto è così che, proprio dopo questo dialogo, Pietro fa una scivolata, uno sbaglio, viene tentato dalla curiosità e dice al Signore: “Ma quest’altro discepolo dove andrà, cosa farà?”. Ma con amore, in mezzo ai suoi sbagli, ai suoi peccati … con amore: ‘Perché queste pecorelle non sono le tue pecorelle, sono le mie pecorelle’, dice il Signore. ‘Ama. Se tu sei amico mio, devi essere amico di questi’”.
Pietro sceglie di essere crocifisso a testa in giù
Il Papa ricorda quando Pietro rinnega Gesù davanti alla serva del sommo sacerdote: è sicuro nel rinnegare il Signore come era stato sicuro quando aveva confessato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Ricorda lo sguardo di Gesù che incrocia quello di Pietro, che lo aveva appena rinnegato. E l’apostolo, “coraggioso nel rinnegare, è capace di piangere amaramente”:
“E poi dopo tutta la vita al servizio del Signore finì come il Signore: in croce. Ma non si vanta: ‘Finisco come il mio Signore!’. No, chiede: ‘Per favore, mettimi in croce con la testa in giù, perché almeno si veda che non sono il Signore, sono il servo’. Questo è quello che noi possiamo prendere di questo dialogo, di questo dialogo tanto bello, tanto sereno, tanto amichevole, tanto pudico. Che il Signore ci dia sempre la grazia di andare nella vita con la testa in giù: la testa in alto per la dignità che Dio ci dà, ma la testa in giù, sapendo che siamo peccatori e che l’unico Signore è Gesù, noi siamo servi”.
fonte: radiovaticana