Nel grande Santuario dedicato alla Madonna delle Grazie troviamo quell’icona miracolosa cui tanti devoti offrono le loro preghiere.
Foto Santuario Beata Vergine delle Grazie di UdineSul lato nord est dell’ellisse verde di piazza Primo Maggio, nel pieno del centro storico, è situato il grande Santuario della Beata Vergine delle Grazie.
Meglio noto come il nome della “Madonna delle Grazie”, il santuario è senza dubbio uno dei luoghi di culto più importanti della città. Con all’interno un grande chiostro. La sua origine riporta al miracolo avvenuto alla cuoca del castello del cavaliere Giovanni Emo. L’uomo entrò in possesso dell’icona miracolosa nella seconda metà del quindicesimo secolo, durante il dominio della Repubblica Veneta.
Il cavaliere aveva ricevuto in dono l’opera dal sultano di Costantinopoli. Dopo la prodigiosa guarigione della cuoca gravemente ferita si attribuirono al dipinto dei poteri taumaturgici. Che portarono alla sua collocazione nella chiesa dedicata ai santi Gervasio e Protasio situata nel “Giardino Grande”, dove da poco si erano insediati i frati Servi di Maria.
La tela, trasportata dal colle alla chiesetta con una processione l’8 settembre del 1479, raffigura un’immagine di stile bizantineggiante. In questa la Vergine Maria è raffigurata con il volto inclinato verso il Figlio. Riportando in questo modo al Concilio di Efeso e al concetto di legame carne/sangue e Madre/Figlio di Dio. In alto, vi è l’iscrizione “Madre di Dio”.
L’icona taumaturga portò a un grande movimento di pietà popolare verso la chiesa in cui da quel momento in poi venne invocata la “Beata Vergine delle Grazie”. La nuova chiesa cominciò ad essere costruita il 12 aprile del 1495 e le celebrazioni cominciarono nel 1513, fino alla definitiva consacrazione nel 1520.
Nel diciottesimo secolo venne ristrutturata. Ci fu un prolungamento e un rialzamento nella navata, con la ristrutturazione del presbiterio e dell’abside, e il campanile fu sopraelevato.
In seguito fu aggiunto il pronao antistante la facciata, poggiato su quattro grandi colonne, venne rifatto il ponte sulla roggia che immette nella piazza. La cappella della Vergine venne decorata insieme al resto della chiesa. Venne infine dichiarata Basilica minore il 21 giugno 1922.
L’icona miracolosa della Vergine sarà così collocata in una cappella a sé stante, in seguito dedicata al beato Bonaventura da Forlì. In questa, oggi è custodito anche il crocifisso ligneo trecentesco donato dalle monache clarisse.
Sopra l’Altare dell’Addolorata è posta la tela raffigurante l’Assunzione della Vergine, opera attribuita a Domenico Tintoretto. Sull’Altare delle Reliquie è invece situata la tela raffigurante il Martirio di sant’Orsola, attribuita a Domenico Tintoretto.
Sull’Altare dei sette Santi Fondatori invece vi è la tela raffigurante la Natività di Gesù, opera anch’essa attribuita a Domenico Tintoretto. Mentre infine sull’Altare di san Pellegrino Laziosi vi è la tela raffigurante la Natività di Maria, sempre del Tintoretto.
Nella Cappella della Madonna è posta la tomba di un erudito toscano del Cinquecento, Tommaso Porcacchi. L’uomo è vissuto a Venezia e deceduto a Udine nell’ottobre 1576. E fu probabilmente ospite dell’amico Ottaviano Manin. Manin lo fece seppellire in questo luogo sacro, con una lapide a sua memoria.
Il Comune di Udine, a sue spese, nel nel diciottesimo secolo fece costruire una nuova cappella. Al sedicesimo secolo risale invece l’attuale convento e il suo ampio chiostro luminoso. Che ancora oggi presenta un’architettura fondamentalmente cinquecentesca.
Tanto che i Servi di Maria in Udine sono ancora conosciuti come “i frati della Madonna delle Grazie”. Nonostante la loro presenza nel santuario abbia subito una lunga paura, dalle invasioni francesi del 1797 al ritorno il 2 luglio 1923.
Ancora oggi i frati accolgono i fedeli nell’ampia Penitenzieria, offrendo assistenza spirituale ai devoti e offrendo così il loro servizio alla Vergine. I numerosi ex voto testimoniano le Grazie che la Madonna ha concesso ai suoi fedeli, ricchi di devozione popolare e di affetto filiale.
Tra questi, ve ne sono alcuni molto antichi. Come ad esempio quella che i cittadini e i visitatori conoscono come la Maschera del diavolo, ovvero una armatura pregevole del quattrocento.
Giovanni Bernardi
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