Il Santuario della Madonna di Montenero riporta al miracoloso evento che interessò un uomo malato, che seguì tuttavia le indicazioni di Maria fino in fondo.
Il santuario, noto anche come della Madonna delle Grazie, si erge sul colle di Monte Nero, a Livorno, e si tratta di un complesso tenuto dai monaci vallombrosani e consacrato alla Madonna delle Grazie di Montenero, che è anche patrona della Toscana. Papa Pio VII lo ha elevato al rango di basilica minore.
All’interno del santuario è possibile vedere anche una ricca galleria di ex voto, mentre invece all’esterno si trova il famedio, luogo di sepoltura riservato ad alcuni illustri livornesi. Le origini del complesso architettonico sono antiche, e riportano al prodigio che ha interessato un pastore nel 1345, che dopo avere ritrovato ai piedi del colle un dipinto raffigurante la Madonna ebbe una straordinaria visione.
In questa, la Madonna lo spinse a trasportare l’effigie sino in cima alla collina. L’uomo era malato, e fu molto titubante nel seguire le indicazioni che gli aveva dato la Vergine. Proseguì però nella sua impresa, e a metà del percorso miracolosamente guarì da ogni male. L’evento prodigioso viene ancora oggi ricordato anche all’inizio della strada che conduce al santuario, dove venne realizzata la piccola cappella dell’Apparizione nel 1603.
Nel 1723 venne ampliata, poi fu gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale e infine nel 1957 fu sostituita con una chiesa più grande. Sul finire del secolo in cui avvenne il prodigio la fama andò crescendo costantemente, e i pellegrinaggi verso questo luogo aumentarono di giorno in giorno, tanto da rendere necessario l’ampliamento dell’oratorio iniziale, che era tenuto dai frati terziari.
Furono gli stessi ad iniziare i lavori di ampliamento del santuario, che fino a quel momento era caratterizzato da una semplice aula a pianta rettangolare. Un atrio di forma ovale, riccamente decorato, fu aggiunto tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, mentre nel 1721 si iniziarono i lavori nella parte posteriore della chiesa al fine di ospitare l’immagine sacra della Madonna.
Dopo questi lavori la pianta del complesso assunse una forma a croce latina. Tuttavia, quando Pietro Leopoldo volle la soppressione degli ordini religiosi il santuario cadde in rovina. Quando però subentrò al potere Ferdinando III il complesso fu affidato alla custodia dei monaci vallombrosani, nel 1792, e questi apportarono alcuni restauri. Dopo i restauri che invece vennero apportati un secolo dopo, si arrivò a un importante ampliamento tra gli anni sessanta e settanta del ventesimo secolo.
In questa occasione l’architetto Giovanni Salghetti Drioli lavorò al completamento del cortile di levante e alla realizzazione del chiostro del convento dei vallombrosani, e lo stesso architetto pochi anni dopo si occupò dell’esecuzione del progetto della cappella dei ceri votivi, che venne ultimata nel 1988.
La Madonna di Montenero venne dichiarata “Mater Etruriae”, Patrona della Toscana, da papa Pio XII il 15 maggio 1947, e da quel giorno speciale il 15 maggio di ogni anno si radunano al Santuario della Madonna delle Grazie, per donare l’Olio Santo, pellegrini da tutte le diocesi toscane. Fino a che il 27 gennaio 2015 la chiesa di Santa Maria delle Grazie è stata ufficialmente elevata a santuario.
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Il santuario è formato da diversi corpi di fabbrica disposti attorno ad una piazza rettangolare accessibile attraverso una scalinata, di cui l’edificio principale è il corpo della chiesa, preceduto da un porticato e affiancato da un campanile. Lungo il portico, infine, si trovano alcune lapidi commemorative, mentre distante dal portico si trova un bassorilievo di Antonio Vinciguerra raffigurante papa Giovanni Paolo II.
L’opera serve a commemorare la la visita che il pontefice fece al santuario e alla città nel 1982. Lungo i fianchi della chiesa, infine, si trova la galleria degli ex voto. Si tratta di una delle più ricche d’Italia, contenente circa settecento raffigurazioni realizzate tra l’Ottocento ed i giorni nostri. Tra questi, anche un di un paio di babbucce di velluto rosso e di un corpetto tramato in oro, che corrisponde a quelli che venivano usati negli harem di Istanbul ai primi dell’Ottocento.
Questo è legato a una ragazza livornese che venne rapita dai turchi in mare, nella località di Antignano, e che venne poi miracolosamente salvata poco tempo dopo dal fratello che era riuscito a riscattarla in maniera del tutto rocambolesca.
Giovanni Bernardi
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