Gli scavi archeologici danno ragione alla Bibbia, molto spesso. “Nel quinto mese, il dieci del mese, essendo l’anno decimonono del regno di Nabucodònosor re di Babilonia, Nabuzaradàn, capo delle guardie, che prestava servizio alla presenza del re di Babilonia, entrò a Gerusalemme. Egli incendiò il tempio del Signore e la reggia e tutte le case di Gerusalemme, diede alle fiamme anche tutte le case dei nobili”.
Si tratta di un brano del Libro di Geremia che, nella Bibbia, descrive un devastante incendio, riferito alla città di Gerusalemme.
Oggi, gli archeologi dell’Israel Antiquities Authority sono riusciti a reperire oggetti che dimostrano la veridicità della Parola di Dio.
Parliamo di ben 600 anni prima della venuta di Cristo e degli scavi della città di David (primo presidio di Gerusalemme, appunto) e di diversi semi di vite, di legno, di qualche ceramica riportante ancora il sigillo dell’epoca, di ossa bruciacchiate addirittura.
Tutti questi reperti sono stati rinvenuti, nei pressi del primo Tempio, andato in cenere.
Altri scavi, ritenuti oggi rivelatori delle località dove accaddero i fatti riportati dei Vangeli, sono stati effettuati in altri siti, per cercare la localizzazione di Betsaida, il paese di provenienza di Pietro, Andrea e Filippo.
La città degli Apostoli, secondo i recenti studi, si troverebbe all’immissione del Giordano, nel Lago di Tiberiade.
Sono stati gli studiosi dell’istituto Kinneret di archeologia della Galilea ha definirne i confini, dopo aver ritrovato, nel sito, reperti e resti di costruzioni risalenti al I, II e III secolo.
Anche lo studio del livello del Lago di Tiberiade al tempo di Gesù è stato fondamentale, per queste scoperte.
In precedenza, calcoli sbagliati avevano portato a scavare a 209 metri sotto il livello del mare e a non vedere tracce di Betsaida.
Oggi, invece, le ricerche sono giunte a 212 metri di profondità, trovando, finalmente, prove del luogo in cui Cristo chiamò a se i primi seguaci.
Antonella Sancanti