La depressione, si sa, è una malattia subdola, inchioda chi ne soffre in un’esistenza vuota di senso, sogni e progetti. La morte è la sola via d’uscita?
L’unica cura è la morte, ha pensato così, Zoraya, giovane donna protagonista di questa storia che ha organizzato la sua morte portando intorno a sé quanto di più caro ha avuto qui sulla terra.
Una giovane e bella donna. Il 2 maggio ha celebrato il suo ventinovesimo compleanno, meno di tre settimane ha scelto la morta.
Si chiama Zoraya ter Beek è stata accompagnata a morire dall’olandese Euthanasia Expertise Center il 22 maggio scorso alle 13:25 ora locale. Ha sofferto di depressione e altri disturbi psicologici per più di dieci anni, né medici né farmaci le hanno dato quel sollievo che agognava, tanto da spingerla a rifugiarsi tra le braccia della morte. Come è stato possibile?
Da un punto di vista legale, in Olanda la legge che ha permesso questa morte è stata approvata nel 2022 e contempla l’accoglienza della richiesta di eutanasia non solo per i malati terminali o chi è affetto da malattie inguaribili, ma anche per chi è affetto da altre patologie (psichiatriche comprese) per cui ritiene che la propria vita non sia degna di essere vissuta. Precisamente la legge prescrive che può chiedere l’eutanasia una persona che sperimenta sofferenze insopportabili e senza prospettive di miglioramento.
Il caso Zoraya
La storia di questa giovane donna ha suscitato vivaci dibatti in rete da diversi mesi, ad ottobre scorso ha fatto richiesta di eutanasia. Si trova anche la sua stessa testimonianza. La donna racconta di tutto il male che si è portata dento, della speranza a ogni cambio di medico o di medicina, della delusione profonda di fronte a ogni fallimento, di come ha meditato il suicidio diverse volte ma non essere riuscita a mettere in pratica perché ogni forma di suicidio è troppo violento.
Un evento l’ha illusa di poter rinascere: quando ha conosciuto l’uomo che è diventato il suo fidanzato. Zoraya ha raccontato di aver creduto che l’amore di quest’uomo sarebbe stata la sua cura. Non possiamo neanche immaginare quanto dolore le abbia causato il fallimento di questo sogno. Per lei i giorni sono trascorsi e neanche l’amore ha colmato il vuoto di essere, che si portava dentro da tempo. Ed ecco riaffiorare i propositi suicidi, e la decisione di richiedere il sostegno di un’equipe medica per liberarsi dal dolore con una “dolce morte”.
Se non desta stupore che all’indomani della sua richiesta di eutanasia il fatto sia rimbalzato sui media ed abbia attivato il dibattito tra pro e contro. Ciò che desta non poco stupore è vedere che la stessa protagonista ha interagito in rete per dare le sue motivazioni. Occorrerà riscrivere il profilo del potenziale suicida? Sì perché nell’immaginario collettivo la persona che vuole farla finita con la vita si chiude in sé stesso e nessuno si accorge che la decisione è presa. La legalizzazione dell’eutanasia fa anche questo.
Il racconto della morte e le domande aperte
Non è stato reso noto il farmaco che ha procurato la morte a Zoraya ma solo il setting dove le è stato somministrato. Il salotto di casa sua, il fidanzato e i suoi gatti ad avvolgerla nell’ultimo atto del dramma della sua esistenza. Il dibattito in rete è stato vivace. Le posizioni oscillano tra chi è favorevole al ricorso a una morte dignitosa per chi soffre di patologie psichiatriche e chi sostiene che proprio questa tipologia di malattie offuschi la mente sicché la richiesta non può essere fatta con lucidità. Come è nello stile e nella sensibilità di Luce di Maria e anche di chi scrive, nessun giudizio può essere emesso su Zoraya ma questo non ci esime dal farci carico della sua vita, del suo dolore e della sua morte.
Agli occhi del mondo Zoraya aveva tutto, ma in questo tutto ella non ha trovato le ragioni di essere. Quindi è il caso di farci due domande. Che cos’è la felicità? Quanto vale l’amore di un uomo per una donna? Siamo educati a lottare per sopravvivere o ad arrenderci di fronte agli ostacoli? L’odierna cultura efficientista e utilitarista non starà generando esistenze fragili incapaci di lottare assecondando il basilare istinto di sopravvivenza a vantaggio di una mentalità eutanasica che toglie di mezzo l’altro più che spendersi per averne cura? Di chi è la mia vita? Il fidanzato di Zoraya come starà in questo momento visto che deve elaborare due ferite terribili il lutto per la perdita dell’amata e il fallimento per non essere riuscito a riempire il suo vuoto esistenziale?
In rete il titolo prevalente per questa triste storia diagnostica una depressione incurabile. Posto che esistono malattie inguaribili ma non esistono malati incurabili, ci rendiamo conto del rischio? Se tutte le persone affette da depressione si convincono di non poter guarire né di essere curate quanti suicidi legali e non avremo ancora? Ognuno di noi col silenzio si macchia di questo sangue. È tempo di rinnovare la cultura della vita. Non esistono vite perfette ma solo imperfetti tentativi di essere ed essere al meglio.