In questi giorni i più piccoli stanno tornando a scuola, ma come era previsto, cominciano i primi problemi. L’affondo del prof. Bertagna: “Andrà tutto male”
Il professore ordinario di Pedagogia presso l’università di Bergamo, direttore del Dipartimento di Scienze della persona e del mercato del lavoro, Giuseppe Bertagna ci è andato giù pesante. La prossima riapertura delle scuole, dopo l’emergenza del Coronavirus, si preannunciava difficile., con alcune certezze. Che secondo i più pessimisti, invece, saranno molte.
Al quotidiano economico Italia Oggi il prof. ha affermato, con grande nettezza e durezza: “altro che andrà tutto bene, sarà tutto peggio di prima perché è come essere costretti a correre con i pantaloni abbassati”.
“Se i ragazzi oggi sono tutti iper titolati ma più ignoranti di quelli di 20 o 40 anni fa è perché si è voluta affrontare la giusta sfida democratica della scuola per tutti solo a slogan ideologizzati, semplicemente allentando le maglie di un sistema pensato per il contrario all’inizio del Novecento: per selezionare”, ha affondato il professore.
Secondo cui i fondi che potrebbero arrivare dall’Unione Europea, con il cosidetto Recovery fund, sono “l’ultima occasione per indirizzare gli euro su progetti a debito buono che aiutino davvero ad invertire la rotta e non a rassegnarsi al naufragio”.
La partenza tutta in salita, infatti, è dovuta certamente dalla crisi sanitaria. Ma altrettanto certamente ci sono ben altre cause, più profonde e strutturali, a creare forti lacune nella scuola italiana. Che anche stavolta non saranno colmate.
Per tutta l’estate infatti la politica si è scontrata su mascherine e banchi a rotelle, mentre invece si sarebbe dovuto pensare in maniera molto più ampia, profonda e complessiva. Ora il rientro in classe dovrà affrontare, tra le altre cose, anche l’annoso problema delle cattedre vuote.
Per i sindacati, infatti, delle 84 mila nuove assunzioni promesse dal ministro Lucia Azzolina soltanto un quarto andranno a buon fine, non più di 24 mila. Lasciando così scoperti gli altri 60 mila posti.
Per quanto riguarda invece il piano complessivo messo in campo dal governo italiano per la ripartenza, il giudizio di Bertagna è impietoso. “Cosa penso del piano per la ripartenza messo a punto dal governo? Al peggio non c’è fine”, risponde. E la scuola è di certo uno dei nodi più duri.
“Come se nulla fosse accaduto, avremo le stesse strutture ordinamentali, routine didattiche e organizzazione, solo ulteriormente deteriorate“, dice. A cui si aggiungono “250 mila supplenti e altrettanti docenti che hanno cambiato sede tra trasferimenti, assegnazioni provvisorie e aspettative senza stipendio”, continua. “Per non parlare di circa 300 mila docenti ultra 55enni che temono gli studenti come untori”.
Per il docente, quindi, “la nostra classe dirigente ministeriale è strabordante di parole, riempie migliaia di pagine, ma manca del tutto di concetti, visioni, prospettive”. “Di più: non riesce nemmeno a ricavare da esperienze significative pur da lei autorizzate progetti innovativi che si potevano benissimo pianificare in sei mesi di nullafacenza”, chiosa.
In questo caso il riferimento è a programmi come quelli dell’alternanza scuola-lavoro, alla sperimentazione della secondaria quadriennale, o al ripensamento degli organici per classe e sezione. Tutte buone idee, che potevano sfociare in novità positive, che però nella pratica sono tristemente naufragate nel buio.
La scuola avrebbe infatti bisogno di progetti rivoluzionari, di innovazione radicale, e di miglioramento dell’esperienza di studio, in particolare grazie al supporto delle nuove tecnologie. Che al momento, la scuola italiana, sta sfruttando in piccolissima parte.
Per il prof. si dovrebbe infatti ripartire “dalla digitalizzazione completa degli ambienti di apprendimento e delle strutture scolastiche di tutto il paese”. Se questo progetto fosse iniziato negli anni scorsi, forse oggi anche l’emergenza del Coronavirus sarebbe stata affrontata in maniera migliore dalle strutture scolastiche nel loro insieme.
Si spera allora che questa possa essere la volta buona per un cambio di passo. Ma pochi sono fiduciosi che sarà veramente così.
Giovanni Bernardi
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