Mentre la politica dibatte sulla forma in cui dovranno svolgersi gli esami di maturità, senza peraltro trovare accordi, i ragazzi guardano molto più a lungo. E pensano al futuro.
Si tratta di quanto riscontrato da un’indagine dell’Osservatorio “Giovani e Orientamento” promosso da Skuola.net e AssOrienta, un’associazione che raggruppa chi in Italia è impegnato nel mondo dell’orientamento. Per arrivare a questi risultati sono stati interrogati diecimila alunni degli ultimi tre anni delle scuole superiori. L’obiettivo era quello di capire cosa hanno in mente i ragazzi per il loro futuro, una volta finite le superiori. E come immaginano la vita dopo la maturità.
Il risultato è che il dibattito frenetico che riempe i giornali su come, quando e perché verrà svolta la maturità quest’anno, al tempo del coronavirus, a loro non interessa. Tanto sanno benissimo che da qualche anno, nella scuola, non c’è una reale selezione. Il rapporto tra ammessi e promossi è 1 a 1. Per cui, realisticamente, hanno capito che una volta ammessi, tutti promossi. E che quest’anno sarà, ancor meglio, lo stesso.
Diversa è invece la questione per la soglia di ingresso all’università. Lì, è cosa nota, è ben facile in Italia trovare la strada sbarrata. Allora la lotta si fa dura. Su uno che supera il test, infatti, le medie dicono che sono in molti a rinunciare. Precisamente, sei per i candidati alla facoltà di medicina. E per altri indirizzi medici si può arrivare fino al doppio.
La stessa difficoltà si riscontra anche per l’inserimento nelle forze armate o di polizia. Il cinque per cento dei ragazzi infatti punta a questo tipo di concorso, che in numeri reali, considerato il secondo triennio delle superiori, sono settantamila aspiranti poliziotti. Le motivazioni non sono, come qualcuno potrebbe pensare, l’aspirazione al posto fisso, che è importante solo per il 12 per cento di questi. Piuttosto, sono centrali i valori che le professioni in divisa rappresentano, come indicato dal 52 per cento dei ragazzi.
I ragazzi tutto questo lo sanno più che bene, per questo più che passare notti insonni a studiare per l’esame di maturità, cominciano già a preoccuparsi per questi altri tipi di concorsi. Quelli definiti cioè percorsi di formazione terziaria. Anche rinominati “il terzo tempo”, con una metafora sportiva.
Tra chi decide di intraprendere uno di questi percorsi, infatti, un maturando su due sta già studiando per i test di ingresso. Segno che agli studenti interessa molto più il dopo, che l’esame di maturità in sé. Un quarto degli studenti che vorranno entrare in facoltà o concorsi per i quali è previsto il rest, hanno già cominciato a svolgere le prove a casa, da almeno tre mesi. Uno su dieci, da più di un anno. Nel secondo triennio delle superiori, uno su tre sta già pianificando il proprio futuro nel caso in cui abbia davanti una selezione.
Tre quarti di questi, pensano che non ci siano alternative ad intraprendere un percorso di tipo universitario. Tra i restanti, invece, un giovane su dieci punta ad entrare direttamente nel mondo del lavoro. Un 4 per cento è diretto verso percorsi professionalizzanti, come Ita o Afam, mentre il rimanente tre per cento pensa di prendere la vita con calma, e desidera prendersi per sé un anno sabbatico.
Una carenza invece è stata riscontrata in generale per l’orientamento scolastico. Nel momento in cui è stata portata avanti la ricerca, intorno ai cento giorni dalla maturità, i ragazzi che hanno deciso cosa fare dopo sono solo il 54 per cento. Se si guarda all’intero triennio, siamo sul 40 per cento.
Per i restanti le decisioni sono ancora avvolte da un velo di incertezza. La motivazione? Una mancanza di attività di orientamento, è la risposta. Per il sessanta per cento degli intervistati, questa non è sufficiente.
Giovanni Bernardi
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