Durante il coronavirus i giovani studenti si sono dovuti confrontare con le lezioni di scuola online. Ma un grave allarme si è celato dietro questa modalità di insegnamento.
Si tratta del tema della dispersione scolastica dovuta all’e-learning. Ben centoventi studenti tra i 14 e i 16 anni, infatti, sono completamente spariti dai radar dei docenti in solamente tre istituti torinese. Un dato che se replicato in tutto il territorio nazionale potrebbe rappresentare un indice molto alto di una problematica importante e drammatica.
Molti ragazzi spariti dai radar dei docenti
Per molti studenti italiani infatti la “scuola a distanza” non è nemmeno mai cominciata. Con l’inizio del coronavirus si sono perse totalmente le loro tracce. Mancanza di strumenti, irreperibilità al telefono, impossibilità di muoversi, il segnale lanciato dalle tre scuole torinesi potrebbe essere la punta di un dramma dalle proporzioni molto vaste.
L’allarme è stato dato da un’indagine della Rete Italiana di Cultura Popolare, condotto al momento solamente negli istituti tecnici e professionali Sella-Aalto-Lagrange e Bosso-Monti e al liceo Einstein del capoluogo piemontese. Ma il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Fabrizio Manca solamente pochi giorni fa aveva parlato di un rischio legato almeno al venti per cento degli studenti della regione.
Come si è riusciti a tornare in contatto
Di questi 120 in particolare, 85 sono assenti ingiustificati di prima e seconda. La rete, dopo essere messa d’accordo con preside e docenti, ha provato a contattarli per fare loro recuperare le ore perse in altre modalità. “Il mezzo che ci ha permesso buone relazioni è la musica”, ha spiegato un volontario al quotidiano La Stampa. “Abbiamo chiesto di stilare delle playlist con i brani che amano, trasmesse poi sulla nostra web radio Tradiradio”.
L’indagine effettuata dall’associazione, attiva nell’ambito scolastico per quanto riguarda il tema della povertà educativa, voluto dal direttore e dalla presidente, l’antropologo Antonio Damasco e la sociologa Chiara Saraceno, spiega che questi ragazzi “scomparsi” frequentavano la scuola con molta difficoltà già prima del lockdown.
La ricerca dell’associazione contro la povertà educativa
“Spesso si tratta ragazzi di origine straniera arrivati ad anno iniziato, con scarsa conoscenza dell’italiano”, spiega Perona. “In alcuni casi la difficoltà è stata la mancanza di tablet o connessione, ma non è questa la ragione prevalente. I problemi sono fragilità emotiva, case piccole e famiglie numerose, poca abitudine a stare fermi e a concentrarsi”.
“Spesso vivono in famiglie dove il pensiero prevalente è che devono badare alla casa. Senza uscire per andare a scuola, stanno mettendo da parte l’obiettivo della formazione“, specifica invece un’altra volontaria. Purtroppo, il dato fa anche emergere che una gran parte di queste dispersione sono rappresentate da ragazze.
La difficoltà delle famiglie di controllarli
“Abbiamo parlato con mamme che hanno sempre lavorato in prima linea in ospedale come infermiere o come oss. I ragazzi sono rimasti soli, gestire fratelli più piccoli. C’è chi, isolato dagli amici, è rimasto al pc o al telefono tutto il giorno, perdendo il senso della notte e del giorno”. In sostanza, l’incapacità dei genitori di controllare i propri ragazzi, per tante diverse ragioni, può essere fatale.
Molti hanno turni di lavoro che non permettono di stare a casa per monitorare i ragazzi, altri non hanno dimestichezza con gli strumenti informativi, oppure altri ragazzi vengono da situazioni familiari complesse in cui i genitori, o le persone con cui vivono, non hanno la possibilità di controllarli.
“Abbiamo distribuito 72 pc e tablet, comperato schede dati”, racconta affranto al quotidiano di Torino il preside del Bosso-Monti, Antonio De Nicola. “Un ragazzo è arrivato a chiedere aiuto solo ieri mattina. Ciò che ci interessa a questo punto, non è tanto l’attività didattica, ma riprendere il collegamento, riportarli alla normalità. Che a 14-15 anni è andare a scuola”.
Giovanni Bernardi
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