Il giornalista ha beccato il giovane sul marciapiedi della stazione rivolto con le spalle verso la donna sanguinante che con un braccio teneva lo smartphone con il quale inquadrava se stesso e i paramedici intenti a prendersi cura della vittima e con l’altro sembra fare la “V” di vittoria teso ad indicare la sua presenza in tempo reale sul luogo dell’incidente. Dopo l’accaduto il giovane è stato rintracciato e fermato dalla polizia ferroviaria che l’ha costretto (vincendo qualche resistenza del giovane) a cancellare lo scatto appena fatto. Pare inoltre che la polizia stia esaminando la sua posizione, ma che non ci siano gli estremi per configurare un reato.
Una vicenda come quella accaduta a Piacenza dimostra ancora una volta come quest’epoca dei social abbia cambiato drasticamente la percezione del reale. In questi anni sono stati parecchi quelli che, alla ricerca del selfie avventuroso, hanno perso la vita sulle linee ferroviarie, ancora di più quelli che hanno rischiato la vita nel tentativo di effettuare lo scatto estremo che gli avrebbe dato qualche istante di notorietà. Qui, però, andiamo oltre allo sprezzo del pericolo, è come se il giovane reo di aver scattato la foto abbia perso la capacità di provare empatia nei confronti di un simile, come se stesse guardando l’accaduto con lo stesso distacco che si prova davanti ad uno schermo. Impossibile non chiedersi se il cinismo, la mancanza di rispetto, di empatia (appunto) e di umanità mostrati dal giovane piacentino non siano ormai un marchio di fabbrica delle nuove generazioni, incapaci staccarsi da un mondo fittizio al punto da non riconoscere più quello reale.
Luca Scapatello
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