Dopo una prima condanna contro il circolo intitolato allo scrittore lgbt Mario Mieli, la dottoressa e scrittrice Silvana De Mari è stata condannata in appello in una maniera che per il suo avvocato non solo è ingiusta, ma è anche fortemente avvilente.
Dietro la sentenza, spiega il legale, ci sono motivazioni estremamente ideologiche di cui lo Stato italiano rischierebbe ormai di essere intessuto.
La De Mari era stata querelata nel 2017 dopo avere scritto alcuni articoli su La Croce Quotidiano, sulla Stampa e sul blog silvanademaricommunity in cui criticava il rilascio di finanziamenti pubblici verso un circolo pro-omosessuali intitolato a tale Mario Mieli, scrittore lgbt che la De Mari ha affermato essere “cantore di pedofilia, necrofilia e coprofagia”. La scrittrice motivava le sue parole sulla base di una frase dello scrittore, affermando che tuttavia l’ideologica che quella frase raffigura intesserebbe in realtà gran parte della sua opera. Da qui le accuse sostenute, in qualità di opinioni, sulla libera stampa.
La frase incriminata afferma molto esplicitamente concetti che inneggiano alla pedofilia. “Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro“, scriveva tale Mario Mieli.
Aggiungendo che “per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza, ma il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una «vita» latente. La pederastia, invece, «è una freccia di libidine scagliata verso il feto”.
Frasi che la De Mari, e non solo, giudica assolutamente inaccettabili. Facendole sostenere che il Circolo Mario Mieli, essendo finanziato dallo Stato e non avendo mai preso le distanze da quelle frasi, viene posto dalle istituzioni pubbliche come modello positivo, anche riguardo quegli argomenti indicati nei suoi testi, e in quelle frasi specifiche. La De Mari in sostanza si chiede perché non siano state prese le distanze e perché quel circolo, che tuttavia si è sentito offeso in quanto accostato al tema della pedofilia, sia finanziato dallo Stato.
“Non intendo tollerare che un circolo sovvenzionato con denaro pubblico inneggi a pedofilia, necrofilia e coprofagia“, è la frase incriminata della De Mari, in particolare per l’uso del termine “inneggiare”. Il presidente del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli, Mario Colamarino, ha affermato che per quelle parole andava “contestualizzato il fenomeno dentro la sua opera e la sua epoca”, dissociandosi quindi dal tema pedofilia e parlando, da parte della De Mari, di un “sillogismo diffamatorio”. Così alla denuncia ha fatto seguito il rinvio a giudizio e la condanna di primo grado presso il Tribunale di Torino pronunciata dal giudice Giulia Marzia Locati.
La scrittrice è stata condannata a una multa di 1000 euro e un risarcimento di 5000 euro. Ora però tutto si gioca in Cassazione, dove si svolgerà il terzo e definitivo grado di giudizio. La posta in gioco però, sostengono la De Mari e il suo legale, non è tanto quella del suo caso specifico, ma ha a che fare con la libertà di espressione in Italia, e nello specifico sul tema dell’omosessualità.
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“In Cassazione sarà una buona battaglia per la libertà di espressione: la De Mari ha esercitato un diritto di critica, anzi, un dovere”, ha affermato alla Nuova Bussola Quotidiana l’avvocato della De Mari, Giovanni Formicola. “Abbiamo sostenuto in dibattimento che inneggiare è un effetto ovvio al fatto che il circolo è intitolato a Mieli, il quale non solo disquisiva teoreticamente, ma invitava, anzi istigava è il termine corretto perché sono reati, a praticare quegli atti. La logica ci dice che se io intitolo un circolo a Adolf Hitler, non lo intitolo perché amo gli animali, ma per lo sterminio degli ebrei”.
Pare infatti che Mario Mieli nella sua opera, come spiega il legale, parli spesso di “fare l’amore con i bambini”, e quindi sostanzialmente di pederastia, come scrissero poi anche altri, tra cui lo psicanalista Tim Dean, suo commentatore che ne parlò in un’esegesi dei suoi scritti. “Mieli incitò a queste pratiche tanto che un suo commentatore le ha inserite nell’esegesi. La questione è questa, tutto il resto è ideologia”, dice Formicola.
Per l’avvocato della De Mari, insomma, il Mario Mieli dovrebbe prendere le distanze da quelle frasi. “Sarebbe il minimo, ci chiediamo come mai non abbiano mai fatto una postilla di questo genere… “, risponde alla Bussola, spiegando che “non sappiamo se abbia praticato la pedofilia, ma l’ha teorizzata, questo è sicuro e nella sua disperata vita ha inneggiato ad essa. Da parte della De Mari, più che un diritto di critica c’è un dovere, che stupisce sia stata solo lei ad osservare”.
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Un assunto che porta l’avvocato a una considerazione. “Pensate se anche solo una persona avesse preso sul serio Mieli e si sia dedicato a queste pratiche. Pensate anche a solo una persona. Ecco, dare il nome, vale per una piazza ma anche per un circolo, significa attribuire un titolo positivo, proporlo come modello”. In sostanza, il punto non è nella De Mari, ma è un altro. “Pensate se anche solo una persona avesse preso sul serio Mieli e si sia dedicato a queste pratiche. Pensate anche a solo una persona. Ecco, dare il nome, vale per una piazza ma anche per un circolo, significa attribuire un titolo positivo, proporlo come modello”.
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