Non è facile sentire costantemente la presenza di Dio, ma non perché Dio ci abbandoni.
No, non esiste un momento della nostra esistenza in cui lui non guardi ciò che stiamo facendo, in cui non sorvegli il nostro operato.
Il senso dell’abbandono, da parte di Dio, che sentiamo è prettamente umano e nasce da una tentazione che difficilmente riusciamo a tenere a bada.
Sappiamo che la nostra condotta è regolata, pressoché, dalle stesse modalità, ogni giorno e in ogni circostanza, e questo ci induce a cadere sempre negli stessi errori, a compiere, cioè, inevitabilmente, le stesse mancanze agli occhi del Signore, quelle che confessiamo al sacerdote, durante il Sacramento della Riconciliazione, e che, ogni volta, dopo l’assoluzione, di prefiggiamo di non adottare mai più.
A lungo andare, dunque, le conseguenze, non gradite o non gratificanti, del nostro comportamento diventano un peso, un’oppressione vera e propria, che mina anche la nostra speranza, perché ci fa domandare: come può Dio perdonarmi ancora, comprendermi, se nuovamente ho peccato?
Ed è questo che ci fa avvertite il senso dell’abbandono da parte sua. Ma -come si capisce benissimo ad un’attenta riflessione- questo è un sentimento, anzi un sentore, prettamente umano.
Sappiamo bene, infatti, che Dio è onnisciente e anche onnicomprensivo, ha una mentalità -se così la si può definire- che va oltre la concezione umana delle cose di questa vita e dei sensi di colpa di tutti noi.
Ciò che ci resta da fare è fidarci, iniziare a porci in un atteggiamento di affidamento crescente, rendendoci consapevoli che lui -il Signore, nostro Creatore e salvatore- tutto sa e tutto comprende. Inoltre, tutto perdona, quando sa che il nostro cuore è proiettato a realizzare il suo progetto, anche se, per ingenuità o per debolezza, continua a peccare.
Dio non abbandona nessuno di noi, se è questo che volgiamo; dobbiamo solo crederci.
Antonella Sanicanti