Al momento non ci sono stati sviluppi significativi, le autorità keniote non condividono informazioni dal 21 gennaio.
La cooperante Silvia Romano, una ventitreenne milanese giunta in Kenya per un progetto umanitario dell’associazione ‘Africa Milele‘, è stata rapita dalla sua abitazione al centro di Chakama, piccolo villaggio keniota, il 20 novembre del 2018. Da quel momento sono partite delle indagini a tappeto delle autorità locali per cercare di arrivare ai sequestratori. Dopo qualche settimana è stato arrestato Ibrahim Adan Omar, ritenuto dagli investigatori uno dei tre rapitori. Dal suo interrogatorio si è conosciuta solamente la presunta identità dei due rapitori: Yusuf Kuno Adan e Said Adan Abdi.
Con l’intento di accelerare le indagini, le autorità keniote hanno diffuso degli identikit dei presunti rapitori, promettendo una lauta ricompensa (1 milione di scellini) a chiunque avesse delle informazioni utili che potessero condurre al rifugio dei rapitori. Da quel momento non si è saputo più nulla: l’ultimo aggiornamento risale infatti al 21 gennaio scorso, una conferenza stampa nel corso della quale è stato confermato che i rapitori non avevano lasciato il Paese e si trovavano da qualche parte nella foresta di Tana River.
Nelle scorse ore è giunta dal Kenya una notizia terrificante: secondo alcune voci locali la 23enne italiana sarebbe rimasta uccisa in uno scontro a fuoco tra i suoi rapitori e una cellula del gruppo terroristico Al Shaabab interessata a comprarla. La voce è rimbalzata su tutti i quotidiani nazionali, costringendo il ministro dell’Interno del Paese africano ad esporsi sulla questione: questo ha detto che il governo è in contatto con le autorità italiane e si lavora per venire a capo della questione, senza smentire né confermare le voci.
Dall’Italia, però, fanno sapere che questa collaborazione non esiste. Nel corso di questi 4 mesi il governo italiano ha mandato una lettera, diverse sollecitazioni ed una rogatoria dalla Procura di Roma. In quest’ultima si chiedeva alle autorità locali la possibilità di inviare un team di investigatori italiani appartenenti al Ros dei Carabinieri per aiutare nelle indagini sul sequestro. Una richiesta eccezionale, avanzata solamente perché si tratta di una situazione particolare e perché tra i due Paesi non esistono trattati di collaborazione. Al momento, però, pare che in Italia non sia arrivata alcuna risposta. Dalla procura di Roma si chiedono dunque per quale motivo ci sia questa reticenza alla collaborazione, il timore è che con il passare del tempo salvare o semplicemente rintracciare la posizione di Sivia sia sempre più complicato.
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Luca Scapatello
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