Le statistiche sulla mortalità e quelle sulla natalità offrono purtroppo un quadro fortemente desolante per la demografia del nostro Paese.
I recenti dati dell’Istat parlano di un incremento di 40mila morti, nei primi nove mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, di cui 7 su 10 con oltre 80 anni. Su un totale di 476mila morti. Allo stesso tempo, nei nei primi otto mesi del 2020 le statistiche registrano 268mila nascite, circa il 3 per cento in meno rispetto all’anno precedente.
Tra decessi e nascite c’è quindi uno scarto di 214mila unità. Un numero che trova pari solo nel 1917 e 1918, anni in cui ci fu la Grande guerra. Il problema, però, è che il bilancio del 2020 si aggraverà ulteriormente.
Il dato simbolico di 700mila decessi annui verrà, con molta probabilità, superato. Ma sul piano delle nascite la tendenza sarà sempre più verso il basso, in concomitanza con la crisi del Coronavirus che certamente porterà il numero di nascite ad essere ancora minore.
In sostanza, il pericolo è drammatico. Un Paese intero rischia, pian piano e se prosegue in questa direzione, a scomparire. Da dicembre, nove mesi dopo lo scoppio della pandemia di febbraio, verosimilmente il numero di nuovi nati diminuirà ancora. E si continuerà così anche all’inizio del 2021.
La speranza è che nel giro dei mesi successivi, come accaduto nella crisi derivante dall’esplosione di Cernobyl, che bloccò le nascite per alcuni mesi, ci sia un deciso recupero tutto insieme.
Ma in questo caso ci saranno anche da considerare gli effetti della pandemia, e delle restrizioni, sul mondo del lavoro. E quindi sulle condizioni di vita delle famiglie, sempre più preoccupate nel mettere al mondo nuove vite, per le esigenze anche in termini economici che la società contemporanea comporta.
La speranza è che i segni della crisi pandemica possono rimarginarsi al più presto, ma non sarà semplice. E non sono solo gli effetti sociali ed economici a influire sulla terribile crisi demografica, come ha spiegato il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo più volte in questi giorni.
Pesa molto, infatti, la crisi dell’istituto del matrimonio, sempre più profonda, e “drammaticamente crollata nel corso del 2020“, ha spiegato Blangiardo. Si parla di una riduzione di almeno il 50/60 per cento in quest’anno.
Considerato il divieto di celebrazioni imposto dal Governo, i matrimoni religiosi sono scesi fino a oltre l’80 per cento in meno, ridotti a poche unità durante la prima crisi pandemica. Mentre quelli con rito civile diminuiti di circa il 40 per cento.
Un calo drammatico diffusa uniformemente in tutto il Paese, e che deve profondamente fare riflettere le istituzioni, l’opinione pubblica e le coscienze di ciascuno. La pandemia ha generato una preoccupazione colossale nelle giovani coppie, che in gran parte hanno rinunciato all’avvio di una nuova famiglia, e all’apertura alla vita e alle scelte genitoriali.
Ora la domanda è se i giovani del nostro Paese riusciranno a invertire questa tendenza veramente drammatica. La speranza è che, più che di rinuncia, si sia trattato solamente di un’attesa. Verso una nuova rinascita del Paese che arriverà quando la crisi sarà definitivamente terminata. C’è bisogno di pregare il Signore affinché questo accada. Solo lui infatti può essere la risposta all’inverno demografico che ormai da anni attanaglia il nostro Paese.
Come infatti recita il Salmo 126: “Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo. Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra: non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici“.
Giovanni Bernardi
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