La teoria gender entra anche all’asilo con la scusa del gioco per sfatare i “tabù” e spiegare il sesso ai bambini piccoli attraverso il “divertimento”.
Ma è sempre il solito tentativo di colonizzare ideologicamente l’immaginario e l’affettività dei più piccoli.
Se c’è un periodo in cui non mancano le emergenze sociali in Italia è proprio questo. Giusto in questi giorni Coldiretti ha lanciato l’allarme sullo spaventoso numero di persone (3 milioni e mezzo) che in Italia devono chiedere aiuto per mangiare, recandosi alle mense della carità o facendosi spedire pacchi alimentari (per quelli che si vergognano a farsi vedere in mensa).
E che dire del milione e 400 mila bambini che, sempre nel nostro Paese, vivono in povertà assoluta? Si tratta del 14,2% di tutti i minori, denuncia Save the Children. E non parliamo dell’aumento terrificante del disagio mentale tra preadolescenti e adolescenti, coi ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile cresciuti del 39,5% tra il 2019 e il 2021. Uno dei tanti “danni collaterali” della pandemia.
Se ci aggiungiamo caro vita, caro bollette e caro energia che stanno massacrando i bilanci di famiglie e imprese, ecco che il quadro delle priorità sociali a cui mettere mano appare abbastanza chiaro.
Colonizzatori ideologici al lavoro
Ma evidentemente non la pensano così in quel di Bologna. Da quelle parti la priorità resta sempre, per dirla con papa Francesco, la colonizzazione ideologica delle menti dei più piccoli. Col solito martellamento su identità di genere, teoria gender, contraccezione, anatomia. L’ultima trovata in questo campo è la cosiddetta “Tabooteca”, uno spazio pubblico aperto a tutti che si propone nientemeno che l’ambizioso obiettivo di “sfatare i tabù”.
E come vogliono farlo? Per gli adolescenti coi giochi in scatola sul modello di Taboo. Ma in versione Sexexploration: il «gioco di carte», scrive l’immancabile Repubblica, «in cui ci si diverte a indovinare le parole, senza poterne dire alcune, qui serve per dare un senso a concetti sconosciuti o fraintesi sulla sessualità».
Poi c’è «Frida», il peluche di stoffa rosa fucsia a forma di vulva. Per insegnare alle bimbe, fin dall’asilo, come le ha fatte mamma (ops, dimenticavo: si dice il «genitore 1»… ). Ma c’è anche il libro pop up “Vagina and periods” per i bimbi della scuola materna.
Dalla Francia poi è arrivato anche il modellino anatomico – su scala quasi naturale – di clitoride, oltre a quello dell’apparato femminile, con tanto di pavimento pelvico.
Infine si arriva all’ultimo scaffale, quello dedicato agli adulti che vogliono «sperimentare fantasie». Qui le cose si fanno – se possibile – ancora più esplicite, con giochi dove bisogna sconfiggere le malattie sessualmente trasmissibili (sic!).
Obiettivo: tabooteche in tutta Italia
Tutto questo si trova alla Tabooteca, prima nel suo genere in Italia, inaugurata in pompa magna dall’Associazione Orlando all’interno del Centro di Documentazione delle Donne, «una realtà femminista e promotrice di istanze transgender e gender fluid e con il supporto di Non una di meno, Mujeres Libres e Cassero», si legge nel comunicato pubblicato sul sito di Pro Vita & Famiglia. Il tutto col contributo della Regione Emilia Romagna. Per ora solo a Bologna, ma la capofila del progetto Elena Lolli racconta, sempre a Repubblica, che «il nostro obiettivo sarebbe creare tabooteche in tutta Italia».
Un chiaro esempio del fatto, spiega la nota di Pro Vita & Famiglia, che «non c’è più alcun timore da parte di queste associazioni nel mostrare apertamente la loro volontà ideologica di sessualizzare sempre di più l’innocenza dei bambini». Associazioni che ormai, prosegue il comunicato, «alla luce del sole vogliono indottrinare i più piccoli ai temi Lgbtqia+ con contenuti sessualmente espliciti e con argomenti assolutamente inadatti alla loro età». Questo quando, al contrario, i bimbi andrebbero «educati e formati in modo consono alla loro età, rispettando la loro innocenza, non messi in pericolo, per giunta con modalità a luci rosse e con teorie antiscientifiche come la fluidità di genere».
I tabù? Servono, eccome se servono…
Chi l’ha detto poi che i tabù sono sempre negativi? In un vecchio libro mai passato di moda il filosofo Vittorio Mathieu, scomparso a 97 anni nel 2020, scriveva che «la civiltà consiste nel crearsi inibizioni». La civiltà non è altro che un sistema armonico di inibizioni che umanizzano e rendono possibile la vita sociale. Chiamateli tabù se volete. Ma senza di loro si precipita tra le Bandar-Log, nel pieno del caos animalesco dove conta solo la forza più brutale. Dimenticando che «tra l’uomo e l’animale non c’è altra barriera che una palizzata di tabù» (Nicolás Gómez Dávila).
Così in un paese civile non si uccide, non si ruba, si rispettano le donne, i vecchi e i bambini, i deboli vengono aiutati e curati, e non soppressi. Chesterton parlava di questi stessi “tabù” paragonandoli ai muri di una palestra di giochi. Che servono non a opprimere, ma a permettere ai bambini di giocare felicemente – oltre che in santa pace – al loro interno. Spianate quei muri e non solo leverete ogni sicurezza ai bimbi, ma toglierete anche loro ogni gioia di vivere.