Ormai ci si uccide per tutto per paura della solitudine per la perdita della bellezza, per un momento di difficoltà, per ogni futile motivo basta pagare e trovi qualcuno disposto a toglierti la vita, basta recarsi nei luoghi giusti in Nazioni dove tutto è ammesso, perfino la pedofilia. Ma che mondo è mai questo l’uomo ormai si è sostituito a Dio in tutto e per tutto dimenticando che la vita è un dono prezioso che va custodito gelosamente.
Gill Pharoah, un donna inglese in perfetta salute, da brava sostenitrice dell’eutanasia, si è recata in una clinica svizzera per farsi ammazzare.
Unico motivo: l’incedere del tempo, l’età, quindi la paura della vecchiaia.
National Right to Life pubblica una nota dell’associazione Not Killing Alliance, da cui emerge viva preoccupazione.
In particolare lancia un segnale d’allarme, agghiacciante, sul ciò che resta dei valori, della solidarietà, della cura e della gratitudine per gli anziani, nella società inglese.
E’ una vittoria della cultura della morte, che da tempo invoca una legge per cui non ci dovrebbero restrizioni o divieti per chi volesse essere ucciso.
I politici britannici saranno presto chiamati a votare, infatti, un disegno di legge che legalizza il suicidio assistito e che sarà presto discusso alla Camera dei Comuni.
Già si erano recati in Svizzera tempo fa due coniugi anziani che hanno voluto morire per la paura di vivere da soli e un uomo di 83 anni affetto da demenza. I primi non erano malati, quest’ultimo non era affatto un malato terminale.
L’associazione per i diritti dei disabili, Not Dead Yet – Regno Unito, ha indetto una serie di manifestazioni per opporsi al suddetto disegno di legge.
L’anno scorso fu un’Italiana Oriella Cazzanello, in ottima salute, nonostante gli 85 anni, a recarsi all’insaputa dei parenti a Basilea, in Svizzera, alla clinica Dignitas, dove per la modica cifra di 10 mila euro si è fatta ammazzare:non sopportava di aver perso la sua bellezza. La sua famiglia, ad Arzignano, vicino Vicenza, aveva denunciato la scomparsa alla polizia ed ha saputo della morte solo quando ha ricevuto le ceneri e il certificato dalla clinica.
Del resto il Journal of Epidemiology aveva pubblicato già lo scorso anno uno studio dell’Università di Berna, basato su 1301 morti per suicidio assistito in cui si evinceva che il 25% dei casi è di persone in perfetta salute che hanno paura di continuare a vivere: per la solitudine, per il pensiero di dar problemi, di divenire un peso, un costo…
Questa è la riprova che se si imbocca il piano inclinato della legalizzazione della morte assistita, il precipitare verso il baratro della “morte per tutti” è rapido, inevitabile e scontato.
E poi non ci sarà ritorno, anche se ce ne potremo amaramente pentire.
Nel 2013, si era rivolto alla clinica Dignitas il magistrato Pietro D’Amico, dopo aver saputo di essere malato di cancro. Più tardi si scoprì che la diagnosi nefasta era errata, ma l’uomo – ovviamente – non ha potuto gioirne. Ormai era morto.
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