La vicenda dei rapporti tra Papa Pio XII e il nazismo duranti la seconda guerra mondiale ha segnato per anni il dibattito degli storici.
Il silenzio di Papa Pacelli, come risaputo, è servito a salvare migliaia di vite umane. Se avesse parlato, il regime nazista avrebbe agito con ferocia anche contro i cattolici tedeschi o polacchi. C’è persino chi parla di un piano organizzato dallo stesso Hitler per rapire Papa Pio XII, e dall’altra parte il Pontefice che tentò di esorcizzare il dittatore tedesco.
Pio XII e la Seconda guerra mondiale
I critici per anni hanno provato a parlare del “silenzio” di Pio XII. Lo stesso termine che utilizzò monsignor Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, in un incontro privato con il Pontefice.
Monsignor Tardini, uno dei maggiori collaboratori del Papa, spiegava che con un’intervento troppo stringente i nazisti avrebbero inasprito la ferocia delle loro azioni. “Il governo tedesco inasprirebbe ancora la persecuzione contro la Chiesa in Polonia e impedirebbe in tutti i modi che la S. Sede avesse contatti comunque con l’episcopato polacco”, affermava.
La scelta di Papa Pio XII per il “silenzio”
Si trattava di una scelta consapevole e fortemente sofferta. Una presa di posizione vaticana avrebbe però scatenato l’inferno e contribuito certamente a gettare benzina sul fuoco, e a spargere altro sangue, molto più di quello che era stato versato fino a quel momento.
Diversi osservatori e sacerdoti inviati nelle zone in mano ai nazisti parlarono al Papa dei drammi che stavano accadendo. Dei milioni di ebrei che erano stati barbaramente uccisi. Il cattolicesimo era parte integrante dei paesi in conflitto.
L’apertura degli archivi vaticani
La recente apertura degli archivi vaticani, che di prassi avviene dopo 81 anni, è servita a raccogliere ulteriori preziose informazioni su questa vicenda. Questa è avvenuta a marzo, anche se soltanto dopo 5 giorni è stata interrotta a causa dei divieti legati al coronavirus. Di certo però, porterà nel futuro prossimo nuovi importanti elementi.
Ne è sicuro lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità d Sant’Egidio. Tra i documenti visionati finora, spiega Riccardi, ci sono foto terrificanti di una delle tragedie più sanguinose della storia dell’umanità. Ci sono ebrei nudi prima delle esecuzioni, tedeschi che seppelliscono cadaveri.
Le crude immagini arrivate ai funzionari vaticani
Le immagini, scattate da un testimone in Polonia nel ’43, sono state inviate nello stesso anno al nunzio Bernardini, in Svizzera, e da lì a un comitato per gli ebrei. Immagini servite a mettere la Santa sede a corrente dell’allarme gravissimo legato a quanto stavano subendo le persone in quelle settimane.
Tuttavia, Riccardi spiega che pare non ci sia nota ufficiale della trasmissione di queste in Vaticano. Ma bastano a testimoniare “come il Vaticano sia stato un osservatorio particolare sulle vicende europee e non solo per ricostruire l’attività del Papa”, spiega Riccardi.
Parlare avrebbe messo a rischio i cattolici tedeschi e polacchi
Durante la guerra erano tuttavia “forti le pressioni su Pio XII per un atto pubblico contro i nazisti”. Ad esempio, dal metropolita greco-cattolico di Leopoli Szeptycki, dalla rappresentante di Roosevelt Myron Taylor, o dagli inglesi. In Vaticano c’erano poi diverse sensibilità, e la prudenza era parola d’obbligo.
Nel radiomessaggio natalizio del 1942 Papa Pio XII condannò le morte e il “progressivo deperimento di centinaia di migliaia di persone per ragione di nazionalità o di stirpe”. Il messaggio era chiaro, ma oltre non ci si poteva spingere.
Le pressioni americane e le atrocità bolsceviche
Alle critiche che parlavano di eccessiva genericità, Pio XII disse che “quando si parlava di atrocità non poteva nominare i nazisti senza menzionare i bolscevichi e questo pensava potesse non essere del tutto gradito agli Alleati”. Nel ’41 il Papa poi accreditò l’alleanza americana con i sovietici contro i nazisti, a differenza di alcuni cattolici americani.
L’obiettivo del Papa era però quello di evitare che la Santa sede finisse schierata con una fazione politica, contro l’impegno universale e missionario della Chiesa. Che risultava debole nel tenere insieme le parti divise dalla guerra. Il suo messaggio di pace universale non riusciva a fare breccia nei cuori delle persone impiegate sul campo di battaglia.
La Chiesa spazio umanitario e di asilo di Pio XII
Così decise che la Chiesa doveva essere uno “spazio umanitario e d’asilo, per intervenire diplomaticamente, per favorire una pace negoziata (sempre più lontana)”, scrive Riccardi. Si tratta della “filosofia dell’imparzialità attiva sul piano umanitario, già utilizzata nel 1914-18”.
Tempi molto lontani da oggi ma che in qualche modo ci riportano alla Chiesa “ospedale da campo” di Papa Francesco, che non si limita mai nella denuncia delle malefatte di questo pianeta, dei nuovi nazismi, come terrorismo, aborto, e pensieri anti-umani che salgono da ogni parte del pianeta.
La Chiesa ospedale da campo di Papa Francesco
E che tuttavia lo fa parlando non di guerra, ma di pace e fratellanza, anche qui attirando le critiche dei più intransigenti. La storia invece ci porta grandi lezioni di vita e di umanità, di cui farne tesoro.
Consapevoli che il messaggio della Chiesa sul piano sociale sarà sempre un messaggio di frontiera, volta a unire invece che dividere, all’amore invece che alla guerra, così tanto difficile da insegnare agli uomini distanti da Dio.
Giovanni Bernardi
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