L’attacco dell’esercito governativo alla città di Douma, ultima roccaforte della resistenza, è stato la miccia che ha permesso agli stati occidentali di bombardare alcuni dei punti sensibili delle truppe di Assad. La motivazione per molti, però, è un pretesto, poiché il presunto attacco chimico denunciato dai media americani e dalla stessa Casa Bianca non sarebbe in effetti mai avvenuto. In questi giorni sono state molte le testimonianze in questo senso pervenute dalla Siria, tra queste quella del vicario di Aleppo e quella delle suore trappiste siriane. A queste si unisce quella fornita in un reportage del ‘The Indipendent‘ a cura di Robert Fisk.
Il reportage di Fisk e la testimonianza del medico di Douma
Con l’intento di comprendere quale fosse la verità dietro l’attacco governativo a Douma che potrebbe portare a conseguenze belliche di livello mondiale, il giornalista britannico Robert Fisk si è recato nella città siriana per intervistare il medico di stanza a Douma, Assim Rahaibani. Nel corso dell’intervista il medico ha confermato che il video girato quella notte e poi utilizzato come prova dell’attacco chimico, in cui i bambini vengono aiutati a respirare, è vero, ma che la causa di quell’intervento medico non è da attribuire ad un attacco chimico: “Quei civili erano sopraffatti non dal gas ma dalla carenza di ossigeno dentro i tunnel e negli scantinati in cui vivevano, in una notte di vento e bombardamenti pesanti che hanno scatenato una tempesta di polvere”.
Insomma il medico conferma l’attacco e l’esigenza di portare i respiratori ai civili, ma nega che ci sia stato un attacco chimico che violi i trattati internazionali ed i diritti umani: “Ci furono molti bombardamenti da parte delle forze governative e le nuvole di polvere cominciarono a invadere gli scantinati e le cantine dove vivevano le persone”. Se le testimonianze ottenute da Fisk (oltre a quella del medico ce ne sono delle altre) risultassero veritiere in base a quale ragione è stato portato a segno una violazione della sovranità della Siria? Questa è la domanda che in molti si pongono dopo il lancio dei missili Tomahawk dello scorso venerdì.
Luca Scapatello