Le atlete della pallavolo dimostrano solidarieta e vicinanza alla loro collega, penalizzata per essere rimasta incinta.
Prima del match di finale di Coppa Italia A2 femminile fra le squadre di Macerata e Mondovì, i capitani si sono presentate in campo con un pallone sotto la maglia. Un gesto a testimoniare il loro esser schierate dalla parte della pallavolista Lara Lugli, il cui caso ha suscitato clamore nel mondo dello sport e non solo.
Quando una donna, ancora oggi, è costretta a scegliere fra la maternità e la sua professione. Anche nel mondo dello sport accade ancora questo. Il caso della pallavolista Lara Lugli, che aveva denunciato sui social il suo “caso”, ovvero quello di vedere la sua società chiederle i danni per il solo fatto di esser rimasta incinta, ha fatto il giro dell’Italia. E le sue colleghe, anche di altre squadre, hanno deciso di starle vicino.
Poco prima della partita della Coppa Italia di A2 femminile, le capitane delle squadre in campo, il Mondovi e il Macerata, sono scese in campo posizionando un pallone sotto la maglia, simulando il pancione. Ma questo bel gesto, non è stato limitato solo a questa partita, ma è stato riproposto anche in molti altri palazzetti dello sport, anche fra le partite maschili.
Un’iniziativa che fa seguito a quella dell’associazione Assist e da Aip, l’associazione italiana pallavolisti con differenza donne: “Lo sappiamo tutti che alle atlete incinte viene tolto ogni diritto ed è ora di porvi rimedio” – era l’appello per lo slogan dell’iniziativa.
La vicenda della pallavolista Lara Lugli aveva suscitato molte critiche nei confronti della sua società. Lara giocava nella Volley Pordenone, nella serie B1. Ma il suo restar incinta non era tanto piaciuto alla sua stessa società: “Rimango incinta e il 10 marzo comunico alla società il mio stato, si risolve il contratto. Ho chiesto alla mia società di saldare lo stipendio di febbraio per il quale avevo lavorato e prestato la mia attività senza riserve” – aveva scritto la giovane sui social.
“Le accuse sono che, al momento della stipula del contratto, avevo ormai 38 anni e, data l’ormai veneranda età, dovevo in primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza […] Chi dice che una donna a 38 anni, o dopo una certa età stabilita da non so chi, non debba avere il desiderio o il progetto di avere un figlio?” – continua Lara nel suo post, spiegando i motivi per cui la società le avrebbe dato il ben servito.
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Alla risposta della società, secondo cui Lara avrebbe raccontato l’esatto opposto, suscitando scalpore, ha portato le associazioni di categoria a prendere una posizione: “Ora basta. Abbiamo tutte e tutti il dovere di cambiare le cose e di prevedere tutele per atlete e atleti” – scriveva una nota del sindacato Aip dopo il post di protesta della Lugli.
Sta di fatto che in tanti hanno espresso solidarietà alla giovane, nella speranza che situazioni del genere non accadano più.
ROSALIA GIGLIANO
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