Solo l’amore può sanare le nostre ferite più profonde. Mi viene il dubbio (e spero venga anche a voi) che passiamo troppo tempo, della nostra vita, a cercare di risolvere tutti/tanti problemi; quelli che la società e i rapporti sociali ci mettono davanti, come sassi che ci fanno inciampare ad ogni passo.
Non dovremmo piuttosto trovare il modo per cercare di preservare quello che di buono e sano tocca la nostra esistenza? E, qualora mancasse, fare il possibile per tendere alla tranquillità e alla spensieratezza, all’amore per chi condivide con noi ogni speranza?
A volte nemmeno ci accorgiamo delle persone che incrociamo; spesso passiamo oltre, dimenticandoci che sorridere è educato (è gentilezza, è amore), nonché salutare, tanto andiamo di fretta incontro al nostro “cruccio del giorno”.
Mi spiego meglio. Aveva mai notato che si parla della corsa al disarmo, quando invece si dovrebbe trovare un modo per propagare la pace, tanto utile alla serenità ed alla salute psicofisica di ogni individuo, di ogni Credo o estrazione sociale, innegabilmente?
Cos’è capitato all’uomo e alla sua naturale gentilezza, alla sua propensione all’amore verso il creato? Perché non riteniamo opportuno abbattere (non tanto i muri delle nostre città ultra moderne o quelle del condominio che ci impediscono di vedere il verde) gli atteggiamenti ostili, che popolano la nostra anima e che ci impediscono di essere gentili con noi stessi e con gli altri, che ci inculcano, secondo dopo secondo, che il prossimo è qualcuno da evitare, da cui guardarsi, è colui che è pronto a fregarci ciò che ci spetta?
Un libro delle elementari degli anni 60, sotto il titolo “Parole belle”, riportava la definizione di termini come “permesso”, “grazie”, “scusa”, “buongiorno e buonasera”.
Qual è l’ultima volta che ci siamo presi il tempo di usarle in un unico discorso (magari entrando nel bar che la mattina ci serve cornetto e cappuccino)?
E li che dovremmo tornare tutti, sui banchi di scuola dove si insegna l’amore rispettoso verso gli altri.
Leggendo fino in fondo la pagina di quel libro dimenticato dall’umanità, ci stupirà, ora che siamo adulti e prevenuti, leggere: “E tutte queste belle parole si dicono chiaramente, senza fretta, accompagnandole con un sorriso garbato”.
Siamo ancora capaci di un sorriso garbato? Se la risposta è “no”, rileggiamo il passo di Luca (nello stesso capitolo in cui Gesù insegna il Padre Nostro agli Apostoli): “La lucerna del tuo corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra”.
Dopo aver letto e compreso, chiudiamo il Vangelo e ricominciamo tutto d’accapo. Antonella Sanicanti