Patriarca caldeo: soltanto guardando a Maria, si può rilanciare la vocazione alla vita consacrata
Mar Sako ricorda il continuo calo di sacerdoti e consacrati in Iraq. Alcuni lasciano perché “stanchi” di lavorare in condizioni di violenza e terrore, altri perché cercano “sicurezza, comfort e soldi” all’estero. Sua beatitudine esorta a rafforzare la formazione spirituale, nutrire la vocazione con la preghiera e affidarsi al Signore.
Baghdad (Asia news) – Lo scorso 11 giugno nella chiesa caldea di San Giorgio a Baghdad i membri dei gruppi consacrati della capitale hanno organizzato un incontro di preghiera e di riflessione, in occasione dell’Anno dedicato alla vita consacrata, indetto da pap Francesco nel novembre 2013. All’evento hanno partecipato vescovi, sacerdoti e l’incaricato d’affari della nunziatura.
Rivolgendosi ai presenti, Mar Sako ha ricordato il numero “in continua diminuzione” dei sacerdoti e dei consacrati nel Paese, mentre altri abbandonano parrocchie e monasteri “perché stanchi” di lavorare in Iraq o perché alla ricerca di “sicurezza, comfort e soldi” all’estero. Sua beatitudine auspica una maggiore “formazione spirituale” e, come Maria, affidarsi al Signore mantenendo salda la vocazione e nutrendola con la preghiera.
Ecco, di seguito, l’intervento del patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako, inviato per conoscenza ad AsiaNews:
Fratelli e sorelle carissimi,
vi saluto e vi ringrazio di tutto cuore per la vostra presenza. Come sapete il numero dei sacerdoti e dei consacrati e delle consacrate in Iraq è in continua diminuzione; ma il pericolo più grande è che alcuni lasciano la parrocchia o il monastero perché stanchi di lavorare in Iraq, per questo cercano sicurezza e comfort – e forse anche più soldi! – all’estero.
E i pochi rimasti hanno bisogno di una formazione spirituale adeguata e profonda, per poter portare la gioia del Vangelo, diventare un segno vivo e pieno di amore, gratuito, di gioia e di servizio. Tutto ciò di cui ha bisogno la nostra gente oggi e ciò che Dio vuole che noi testimoniamo oggi, un qualcosa di diverso da quello che il mondo è solito vivere oggi. Propongo quindi di dedicare il resto resto dell’Anno della vita consacrata a una formazione spirituale aggiornata e intensa.
Fratelli miei, sorelle carissime,
sentite cosa recita il salmo 44: “Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; il re è invaghito della tua bellezza. È lui il tuo signore: rendigli omaggio” (Sal 44/11-12). Sono parole forti e bisogna leggere fra le righe il messaggio che racchiude, non fermarsi solo alla superficie. Se ci fermiamo, perderemo l’opportunità di comprenderne il significato.
Il testo rivela una presenza divina carica di amore e gli appelli sono da ascoltare con attenzione, per trovare il messaggio di Dio, a dispetto di quello che sta succedendo attorno di noi.
Sono parole profetiche e mistiche, portano il sapore di amore e di eternità perché pronunciate da colui che è “immortale”, dedicate al sentire e da ascoltare con attenzione, sapendo che l’ascolto richiede silenzio, fino a raggiungere il cuore e rafforzare il tal modo l’incorporazione in Colui che ci chiama. Pur se probabilmente non siamo più abituati ad ascoltare!
Non è forse vero che, a volte si dice a qualcuno che amiamo: mi manchi, non sento la tua voce? Questo lo diciamo al Signore?
Il contenuto del testo è una “Magna Charta” per l’intera vita. Alla luce di ciò che sentiamo (dall’alto) pratichiamo l’amore e il servizio, e viviamo l’unità e la comunione con entusiasmo e generosità. Questo ascolto è come quello di Maria, che “aveva mantenuto tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2/19). Così come Maria, la sorella di Lazzaro, che era seduta ai suoi piedi “per ascoltare le sue parole” (Lc 10/40), è il simbolo del discepolo che ascolta avidamente le parole del maestro… Ascoltare prevede al contempo la preghiera e la meditazione. Una preghiera personale e collettiva, e non pratiche rituali monotone. Le preghiere ci conducono nel mondo di Dio e permettono di penetrare il suo mistero con umiltà e speranza.
Donare se stessi al Signore, affidare la propria vita al suo cuore è fonte di felicità, perché si vive con il Signore e portandolo con noi giorno dopo giorno possiamo prendere qualcosa di Lui e metterla dentro di noi, per essere sempre più uniti a Lui.
È un peccato che oggi non si senta forte la presenza di questo spirito, che è fonte di entusiasmo e di gioia! Troviamo sempre delle scuse, che le circostanze sono cambiate e la nostra natura è debole, ma il Signore ci dà la grazia e la forza per affrontare le nostre debolezze. Gesù ha detto a San Paolo, la mia grazia ti è sufficiente; ecco perché bisogna tenere salda la nostra vocazione e nutrirla con la preghiera e attraverso il nostro servizio, la nostra obbediente castità, la nostra povertà. E dobbiamo anche apprezzarla, per poter dire con Maria: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”.
Fratelli e sorelle carissimi,
stiamo percorrendo tutti il medesimo cammino, con coraggio, e il Signore ci benedirà. Propongo che nel prossimo incontro si possa invitare la nostra gente a presentarsi, dire chi siamo e come vogliamo essere.
* Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena