Quello del silenzio è sempre stato, nella tradizione cattolica e in particolare in quella monastica, un argomento tanto centrale quanto delicato.
Da anni però il valore del silenzio è andato scomparendo, per lasciare spazio a quello dell’azione. La contemplazione, la meditazione, la preghiera interiore e del cuore, troppo spesso non solo vengono lasciate in secondo piano, relegate a un ruolo minore e quasi “poco utile”, ma a volte sono persino scoraggiate.
Talvolta si pensa che nel coltivare la propria interiorità ci sia il rischio di derive “new age” o quantomeno sincretistiche con altre tradizioni religiose orientali. Oppure, che pregare in silenzio possa significare in qualche modo chiudersi nel proprio intimismo, guardare solo al proprio benessere.
La verità è che la preghiera interiore e il silenzio portano più di molte altre pratiche religiose a spogliarsi, ad abbattere schemi mentali e pregiudizi, a rifiutare falsità, menzogne e ideologie. Invita ad entrare nel deserto celato nell’animo di ogni persona. E in ultima, favorisce e dà spazio all’azione dello Spirito Santo.
È infatti lo Spirito Santo che fa cadere ogni barriere, e demolisce letteralmente ogni barriera psichica, ogni costruzione volta a preservare una mentalità mondana che ci corrode da dentro. Lo spirito corrompe il fortino creato dall’ego umano, dove si nascondono vanità, avarizia e ogni altro vizio.
In un mondo dove infatti le relazioni umane sono sempre più deboli e in crisi, le persone vivono esistenze marchiate dallo smarrimento e dalla solitudine. Che troppo spesso viene vissuta con un senso di impotenza, e con una sensazione di fallimento. Invece la verità è che nella preghiera interiore incontriamo questa solitudine come un’opportunità importante di liberarci da strutture che ci appesantiscono e incontrare il nostro io più profondo. Da cui fare salire la nostra invocazione verso il Signore.
Così oggi molti intraprendono nuovi cammini di fede e nuovi, seppure spesso tortuosi, percorsi spirituali. In cui ripartire alla ricerca del Creatore che plasma le nostre vite rendendoci creature libere e amate. Se infatti nel cuore dell’essere umano si celano sentimenti negativi, come egoismo, superbia, volontà di supremazia, allora l’amore non riesce a fluire liberamente.
Per questo è fondamentale, oggi, tornare al silenzio permette di guardare alla propria esistenza da un punto
nuovo, e scoprire spazi inediti e percorsi nuovi che corrispondono esattamente con ciò di cui andavamo in cerca da tempo. Ma che di fatto non stavamo trovando, perché smarriti nell’inseguire itinerari oscuri e impropri, o sogni che ben presto diventano chimere.
Purtroppo, però, nelle realtà cattoliche odierne, specialmente nell’associazionismo laico, si fatica spesso a ritrovare questo importante anelito al silenzio. Guardando al crescente disagio e alla dilagante sofferenza psichica, resta ancora un pregiudizio nei confronti del silenzio, visto come forma tradizionale di fede e quindi superata, o da superare.
Mentre infatti i monasteri sono sempre più in difficoltà crescono i cristiani che seguono corsi di yoga o si avvicinano a pratiche orientali di meditazione. Eppure, nella Bibbia fin dal primo comandamento, “ascolta Israele”, ai cristiani viene domandato di porsi in uno stato di introspezione e ricerca.
Per questo oggi come non mai c’è sempre più bisogno di approfondire la relazione diretta con il Signore mettendo in pratica, nella vita quotidiana del cristiano, una preghiera che parta dalla parte più profonda dell’intimità. E per questo c’è un forte bisogno che i cattolici, e in particolare le gerarchie della chiesa, si pongano domande sul perché di questo affievolimento, e del fatto che molti cattolici si rivolgano ad altre tradizioni religiose.
Se la preghiera interiore e ripetitiva sembra avere perso “appeal” tra i cattolici “mainstream”, c’è invece bisogno di un movimento che la riscopra con forza e che la riporti al centro dell’attenzione. La pandemia ci ha mostrato, per vie traverse, l’importanza di ritornare alla dimensione contemplativa della fede. Forse c’è bisogno di fare grande tesoro di questo insegnamento e di metterne in pratica i frutti.
Giovanni Bernardi
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