Tra i cambiamenti del Nuovo Messale Romano che hanno colpito di più i fedeli c’è quella in cui si recita: “Santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito”.
Non più l’effusione dello Spirito, quindi, ma la rugiada. Si tratta cioè di un aspetto molto particolare della nuova edizione italiana del Messale, che riguarda il testo della seconda preghiera eucaristica, nel punto della cosiddetta “epiclesi” in cui s’invoca lo Spirito Santo sul pane e sul vino per la consacrazione.
All’interno della liturgia, si tratta cioè del momento in cui si invoca da Dio la transustanziazione eucaristica per opera dello Spirito Santo, insieme alla partecipazione dei comunicandi agli effetti del sacrificio eucaristico. La recente traduzione, come si è spiegato in più occasioni, non è affatto recente come si pensi, ma le sue prime mosse risalgono a diversi anni addietro, quasi venti.
La traduzione in italiano della terza edizione tipica latina è stata infatti promulgata nel 2002 ed emendata nel 2008. Le intenzioni che l’hanno guidata, principalmente, riguardano la volontà di ottenere una maggiore fedeltà al testo originale in latino, nonché a fare concordare le diverse citazioni e riferimenti biblici contenuti nella traduzione della Bibbia approvata dalla Cei nel 2007.
Tra gli altri obiettivi, ci sarebbe poi il tentativo di cercare di garantire la celebrabilità e in maniera più generica la cantabilità dei testi, ma su questo è lecito anche avanzare opinioni discordanti. In tutto ciò, entra in gioco anche il motu proprio Magnum principium, in cui Papa Francesco richiede una traduzione del testo dal latino cercando di coglierne il senso, senza soffermarsi necessariamente sulla traduzione letterale, come invece era richiesto in precedente, con l’antecedente motu proprio Liturgiam authenticam approvato da Giovanni Paolo II.
Ad approvarla, poi, sono le singole Congregazioni episcopali nazionali con una Confirmatio, e non più la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti con una Recognitio, una revisione cioè molto più puntuale di ogni singola scelta.
Così si è arrivati alla traduzione della Conferenza episcopale italiana in cui si recita “santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito”. Nel Messale latino, le esatte parole riportate sono: “Spiritus tui rore sanctifica”. In questo caso sta di fatto che il termine “rore” rimandi proprio alla realtà della rugiada. Da qui si evince la volontà dei vescovi di essere più fedeli al testo originale in latino.
La parola, inoltre, richiama a diversi passi biblici in cui si narra che la rugiada scese dall’alto, irrorando la terra e dando vita a una rigenerazione profonda dell’umanità, proprio come accade con la Benedizione del Signore su ogni essere umano. In Genesi 27,39 si parla di “rugiada del cielo dall’alto”, in Michea 5,6 “rugiada mandata dal Signore”, in Giudici 6,39.40 “ci fu rugiada su tutto il terreno”.
E ancora, “stilli come rugiada” in Deuteronomio 33,2; “il cielo stilla rugiada” in Deuteronomio 33,28; “le nubi stillino rugiada” in Proverbi 3,20. In Osea 14,6 vi è scritto: “Sarò come rugiada per Israele; esso fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano”.
Mentre infine in Zaccaria 8,12 si legge: “Poiché vi sarà sementa di pace; la vigna darà il suo frutto, il suolo i suoi prodotti, e i cieli daranno la loro rugiada; e darò al rimanente di questo popolo il possesso di tutte queste cose”. Insomma sono molti i passi biblici che descrivono l’amore del Signore come acqua, rugiada, che scende dal cielo, simbolo divino come anche la luce che si oppone all’aridità, o al buio.
Il profeta Isaia in quella che viene chiamata Apocalisse di Isaia (24-27) afferma: “I morti non vivranno più, le ombre non risorgeranno: sì, tu li hai puniti e distrutti e fatto svanire ogni loro ricordo (..) Di nuovo vivranno i tuoi morti. I cadaveri risorgeranno! Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere. Sì, la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre” (Isaia, 26, 14-19).
Tutto ciò va quindi a formare la nuova traduzione letterale del Messale, che i vescovi italiani hanno considerato corretto riproporre in questa nuova modalità, che inizialmente può destare un po’ di disorientamento, ma che altrettanto presto entrerà negli usi e nelle abitudini della Chiesa e dei fedeli, che con queste formule avranno la possibilità di avvicinarsi, durante le celebrazioni liturgiche, al Mistero del Signore.
Francesco Gnagni
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