Napoli nella persona del sindaco spinge per intitolare lo Stadio Comunale San Paolo a Diego Armando Maradona. Non tutti però concordano con questa idea.
Al momento, manca solo l’autorizzazione del prefetto, come previsto dalla legge del 1927 per la deroga alla norma che vieta l’intitolazione di luoghi pubblici a persone decedute da meno di 10 anni. La Giunta comunale di Napoli ha così approvato la delibera, proposta dal sindaco Luigi de Magistris, dall’assessore alla Toponomastica Alessandra Clemente e firmata da tutta la Giunta comunale, con la quale lo stadio San Paolo di Fuorigrotta viene intitolato a Diego Armando Maradona con la denominazione “Stadio Diego Armando Maradona”.
La nota del Comune che “beatifica” Maradona
In questa, l’amministrazione comunale ha ricordato Maradona come “il più grande calciatore di tutti i tempi, i cui altissimi meriti sportivi sono stati tra l’altro riconosciuti con la nomina ad ambasciatore della Fifa, che con il suo immenso talento e la sua magia, ha onorato per 7 anni la maglia della squadra del Napoli, regalandole i due scudetti della storia e altre coppe prestigiose, e ricevendo in cambio dalla città intera un amore eterno e incondizionato”.
“Ha combattuto i pregiudizi e le discriminazioni di cui erano ancora oggetto i napoletani all’interno degli stadi, diventando idolo dell’intera città, che gli ha perdonato anche le debolezze e le fragilità dell’uomo”, si legge nella delibera.
Molti sacerdoti non ci stanno: sbagliato il cambio con Maradona
Maradona “ha incarnato il simbolo di riscatto di una squadra alla quale, negli anni più bui, ha dimostrato che è possibile rialzarsi, vincere e trionfare, offrendo al tempo stesso un messaggio di speranza e di bellezza all’intera città perché, attraverso le vittorie calcistiche del fuoriclasse argentino a vincere non è stata soltanto la squadra del Napoli, ma l’intera città, che si identifica pienamente in lui”.
Sono però numerosi i sacerdoti dell’arcidiocesi che hanno protestato contro il cambio di denominazione. Anche se lo stadio si trova a Fuorigrotta, quartiere del comune di Napoli, e dal punto di vista ecclesiastico appartiene alla diocesi di Pozzuoli. Il caso poi vuole che monsignor Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli, abbia già dato il via libera al cambio di denominazione.
Il grido: “Lo stadio San Paolo resti al santo che ci ha portato Gesù!”
“Ben venga l’intitolazione a Maradona del principale impianto sportivo della città, se questo aiuterà la crescita umana e sociale della nostra terra perché non si perda la memoria delle nostre radici e ci siano iniziative culturali che mettano in evidenza i fondamenti greco-romani e cristiani di questo territorio”, sono le parole che aveva pronunciato monsignor Pascarella.
“Lo stadio San Paolo resti al santo che ci ha portato Gesù! Sentiamo con umiltà la grande responsabilità innanzi a Dio di dirvelo”, è invece il grido dei preti napoletani. Sono infatti numerosi i sacerdoti dell’arcidiocesi che hanno indirizzato le loro proteste prima al prefetto e poi all’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe. Nonostante in realtà ci si domanda quale sia il senso di scrivere al presule napoletano, quando lo stadio si trova in un’altra diocesi.
“Diego ci ha regalato due scudetti, ma San Paolo ci ha portato la fede”
“Il grande Diego ha sperimentato in modo acutissimo la fragilità umana: è stato cocainomane, si è seduto a tavola con i camorristi di questa città, gli stessi che hanno ordinato l’uccisione di Annalisa Durante e di tante altre vittime innocenti, ha lasciato figli ovunque perché non sapeva coltivare un rapporto d’amore e di fedeltà. Ora è incredibile che un santo che ha dato la vita per i valori del Vangelo venga scalzato da un calciatore. Ci sembra assurdo che colui che ha portato Cristo nella nostra civiltà sia sfrattato con tanta velocità e con l’assenso incomprensibile di una parte di Chiesa silenziosa e sonnolenta”, è ciò che sostengano i preti napoletani.
“Diego ci ha regalato due scudetti, d’accordo. Ma San Paolo ci ha portato la fede”, è il perno della loro posizione. Per la quale parlano di una situazione “veramente triste che mentre i potenti cancellano i nomi e i segni della fede dalle nostre città, noi cristiani restiamo in silenzio o, peggio, li appoggiamo”.
Maradona: la proposta del doppio nome che mette tutti d’accordo
Secondo il quotidiano La Repubblica, quindi, la soluzione più corretta e capace di fare incontrare le due posizioni potrebbe essere quella di dare allo stadio il doppio nome: Stadio San Paolo – Maradona. Come a Milano, allo stadio San Siro – Meazza. “Duemila anni di storia dribblati nel segno della mano de dios”, scrive il quotidiano. “Con la stessa determinazione con cui, in quel giorno mai dimenticato, la folla interpellata da Ponzio Pilato ebbe il potere di decidere. E scelse la libertà per Barabba. Democrazia diretta, diremmo oggi. Oclocrazia, ci hanno insegnato gli antichi greci. Ovvero lo strapotere delle masse sbandate”.
Ci si chiede infatti perché mai espellere il nome di San Paolo dal campo di calcio. Secondo il giornalista Luigi Vicinanza, “hanno ragione don Tonino Palmese, vicario della curia partenopea, e tanti altri sacerdoti nel chiedere che il nome dell’apostolo dei popoli non venga eliminato dalla denominazione ufficiale dello stadio”. Continua Vicinanza: “Lo dico con laica convinzione: è un errore cancellare San Paolo. Perché sono errori insopportabili tutti i colpi inferti alla memoria collettiva. Lo stadio di Fuorigrotta è dedicato al santo sin dalla sua costruzione, fine anni 50 del secolo scorso”.
L’errore di cancellare memoria e fede per interessi e propaganda
Sono tanti i segni che legano San Paolo alla città partenopea. “Nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, Caravaggio ci ha lasciato uno dei suoi capolavori, Paolo caduto da cavallo, illuminato da una nuova vita. Sulla costa flegrea il predicatore sbarcò nel 61 dopo Cristo, proveniva dall’Asia minore. Vi soggiornò per una settimana prima di arrivare nella Roma di Nerone. Portò la nuova religione nel cuore dell’Impero”.
Per cui la considerazione finale del quotidiano è molto netta. “Solo il cinismo situazionista del sindaco de Magistris poteva concepire un cambio di nome così veloce. Ripeto, non è in discussione l’attribuzione a Maradona; per restare in tema, è sacrosanta. Gli spetta. Ma, qualsiasi sia il convincimento religioso di ciascuno, rinunciare alle nostre radici per compiacere l’effimera popolarità, è un’operazione che rivela la debolezza culturale delle classi dirigenti”.
Quindi il vero rischio che potrebbe emergere da tutta questa vicenda, non riguarda il dito ma la luna. La scelta di rimuovere un nome potrebbe essere indice di una scristianizzazione latente che si manifesta, pian piano, con la rimozione dei nomi che riportano alla tradizione cristiana, come accade negli Stati Uniti con la cancel culture. “Finiamo vittime del presentismo, quella concezione della realtà che ci tiene prigionieri in un eterno presente senza passato né futuro“.
I dubbi sulle parole dei preti napoletani: è davvero questo dirsi cristiani?
Una paura, però, forse più esagerata che reale. Al netto infatti dell’analisi riguardante decisione presa dal Sindaco di Napoli, ci si chiede quanto le parole dei sacerdoti siano effettivamente appropriate al contesto. Perché, in sostanza, porre la questione del nome di un santo di un luogo, uno stadio di calcio, che ben poco avrebbe in realtà a che fare con la santità? Insomma, siamo certi che si renda adeguato merito a un santo, nel renderlo suo malgrado “portavoce” di un contesto, sportivo, calcistico e di tifoseria, distante anni luce dal messaggio cristiano?
Non è forse anche questo un atto pretestuoso di relativismo culturale, dove si pensa che dare il nome dello stadio a un Santo significhi essere cristiani? Nei tre Vangeli sinottici leggiamo le parole ben chiare di Gesù: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio“. Non c’è luogo più affine al cesarismo dell’epoca, forse, di uno stadio di calcio. Maradona ha fatto sognare i napoletani proprio perché ha donato loro gioie sul campo di calcio. San Paolo ha invece portato loro la fede. Ma non si parla di cambiare il nome a Piazza San Pietro.
Distinguere le cose è quindi ben necessario, tanto per mettere sempre più in luce il vero significato dell’essere cristiano, e non solamente l’immagine di facciata che può emergere dalla titolazione di uno stadio, quanto per rendere il giusto tributo a chi merita di averne nel proprio settore di riferimento. Papa Francesco lo ha infine spiegato a suo modo nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium: è meglio avviare processi che occupare spazi. Su tutto questo, forse, i sacerdoti napoletani dovrebbero riflettere.
Giovanni Bernardi