Dopo aver letto questa storia, non penserete più che i bambini possano essere cresciuti, serenamente, da chiunque.
Questa è una storia che dovrebbero leggere attentamente, coloro che pensano che un bambino non risenta di essere cresciuto in una famiglia non tradizionale.
Denise Shick (USA) è cresciuta con un padre transgender.
Aveva 9 anni, quando il padre le disse che avrebbe voluto essere una donna e cominciò a vestirsi e a comportarsi come tale.
Inoltre, la sua frustrazione, per il modo di concepire disordinatamente la vita, lo aveva reso alcolizzato e violento: “dopo le frustrate, non sapevo bene che cosa mi facesse più male, se i lividi sulla mia schiena o vederlo e sentire le sue risate maniacali, dopo che aveva picchiato i suoi figli”. Quando quel padre decise di dire al mondo che voleva essere una donna, i maltrattamenti divennero anche psicologici.
Denise ebbe un senso “di rigetto e di abbandono”, sapeva di non potere mai più pensare di avere un padre e non riconosceva più quella persona che diceva di esserlo.
Ci fu anche un’altra cosa “che mi confuse ancora di più”. Il padre le disse che, se lo avesse visto con le gambe accavallate, “saprai che in quel momento mi sto sentendo una donna”!
Denise, ancora bambina, si sentiva disorientata e le cose peggiorarono, con il passare degli anni.
Quando divenne adolescente, il padre cominciò a palpeggiarla, perché era invidioso del suo corpo: “l’ossessione di mio padre nel comprare vestiti femminili cresceva”, “lentamente cominciai a capire che stava distruggendo il mio desiderio di essere una donna”; “nonostante la mia volontà iniziale di spezzare il ciclo di abusi, la depravazione ebbe i suoi effetti. Da adolescente, cominciai a bere” e “scoprendo un profondo desiderio di amore maschile e di attenzioni che non avevo ricevuto da mio padre, cominciai a flirtare con quelli da cui volevo attenzioni e, alla fine delle scuole medie, avevo 13 fidanzatini”. “Raggiunsi un punto in cui contemplai il suicidio”.
Grazie a Dio, un amico seppe sostenerla; lo stesso che, anni dopo, diventerà suo marito e la aiuterà a “sistemare” la sua idea di famiglia.
Il giorno delle sue nozze, poi, “mio padre mi disse che voleva essere al mio posto (…), per sopravvivere feci finta di non sentire (…). Mi rubò il mio “giorno speciale”, accentrando tutto su di lui e sul suo desiderio egoista”.
Non ci crederete, ma Denise, per aver rilasciato queste testimonianze dolorose, davanti ad una commissione che stava valutando la possibilità di chiedere la legalizzazione dei matrimoni gay, è stata “accusata di essere insensibile e irrispettosa dei desideri di mio padre”.
La verità, per Denise, era una sola “non volevo due mamme. Ho sempre voluto una mamma e un papà. Un papà che mi insegnasse a ballare. Un papà che mi spiegasse che cosa cercare nel mio futuro marito”; “la mia brama per un padre non era egoista, era semplicemente il bisogno di ogni bambino”.
Segnaliamo che Denise non è l’unica, tra coloro che hanno vissuto con genitori transgender, a fare queste dichiarazioni o ad aver avuto una storia del genere: “Noi non pretendiamo di dire che tutti i genitori omosessuali o i genitori transessuali agiranno in modo abusivo”, anche se le coppie “dello stesso sesso hanno intenzioni buone e buoni curriculum, non sono in grado di fare l’impossibile: come può un uomo fare da modello femminile a una bambina?”; “un uomo non è un donna, anche se pensa di esserlo. (…) La realtà ha dei limiti che la fantasia e l’irresponsabilità semplicemente non possono superare. Pertanto, i cittadini di ogni Stato hanno il diritto, e anche una responsabilità, di proteggere la salute pubblica, il benessere generale e il bene dei bambini, non estendendo il matrimonio, al di là della sua definizione tradizionale, naturale e sana”.
Antonella Sanicanti