Il 17 gennaio, la Chiesa ricorda la Festa Liturgica di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali. Ma c’è un’antica leggenda che si collega al Santo, che molti non conoscono.
Quando agli uomini fu tolto il fuoco, questi si rivolsero a Sant’Antonio il quale escogitò un piano per scendere agli Inferi insieme al suo “animale da compagnia”.
Sant’Antonio Abate: il Santo del classico “fucarazzo“. La tradizione e il sacro affiancano, a questo Santo napoletano, l’esser sì, protettore del bestiame (basta guardare, infatti, la sua rappresentazione figurina col porcellino), ma anche il suo dono del fuoco all’umanità intera.
Leggenda e storia si intersecano fra di loro in un unico e solo racconto, ripreso poi anche da Italo Calvino, in una raccolta di “tradizioni popolari napoletane” del 1956.
Lo stesso Calvino così racconta del Santo degli animali:
“Una volta al mondo non c’era il fuoco. Gli uomini, infreddoliti ed affamati, andarono da Sant’Antuon, che stava nel deserto a pregare. Chiedevano di aiutarli ad aver qualcosa per combattere il freddo.
Sant’Antuon ne ebbe compassione e scese all’inferno per andare a prenderselo il fuoco. Siccome lui, prima di fare il Santo era stato porcaro, un porcellino della sua mandria non lo aveva mai voluto abbandonare, se lo portò con sé. Arrivato alle porte dell’inferno, Sant’Antuon bussò e disse: “Apritemi che ho freddo e mi voglio riscaldare.
I diavoli, vedendo che lui non era un peccatore, volevano far entrare solo il suo porcellino. Il porcellino dispettoso, entrato all’inferno, nel suo scorrazzare, cominciò a mettere disordine ovunque, tanto che i diavoli furono costretti a far entrare anche Sant’Antuon.
Ma la sua presenza non era gradita all’inferno, e specie quel bastone che il Santo portava con sé come guida. Sant’Antuon fece di tutto per prendere il fuoco sul suo bastone ma, tutte le volte che ci provava, i diavoli gli si mettevano intorno.
Il porcellino aiutava il suo Santo, ponendo disordine e discordia fra i diavoli. Sant’Antuon riuscì a catturare una piccola fiammella di fuoco e a conservarla all’interno del midollo spugnoso del suo bastone e a scappar via, prendendosi così gioco di Lucifero. Appena fuori al mondo, Sant’Antuon alzò il bastone e, benedicendo gridava: “O ‘ffuoc! O ‘ffuoc!”
La contentezza della popolazione fu tanta. E Sant’Antuon se ne tornò a meditare nel deserto insieme al suo porcellino”.
Ovviamente la leggenda ci aiuta a capire il significato del perché, durante il classico fucarazzo (o falò, come lo si preferisce chiamare), si bruci soltanto della legna e perché un piccolo porcellino sia diventato il “fedele amico di un santo”, tanto da esser rappresentato insieme a lui nell’immaginario comune.
Ecco spiegato anche perché si celebra, nel pieno dell’inverno, la sua festa: il 17 gennaio.
In Campania, la tradizione e la festa di Sant’Antonio Abate è molto sentita. Tanti sono i sacerdoti che, spazio permettendo all’esterno delle loro parrocchie, invitano i fedeli a partecipare alla Celebrazione Eucaristica portando con sé il proprio animale domestico.
Al termine della Santa Messa, il sacerdote benedice tutti gli animali per intercessione di Sant’Antonio. Nelle zone di montagna, inoltre, la benedizione è fatta dai sacerdoti anche alle stalle, perché Sant’Antonio è anche protettore degli animali da campo.
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La tradizione culinaria, invece, vuole che, accanto al classico “fucarazzo” di cui abbiamo detto prima, si mangi anche il panino con la salsiccia. Il pane, simbolo di Sant’Antonio (in questo caso, sia Sant’Antonio Abate che Sant’Antonio da Padova); la salsiccia, segno della presenza del piccolo porcellino.
ROSALIA GIGLIANO
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