A Bologna, di quel momento drammatico si ricordano il boato, le urla, la polvere e le macerie. Il racconto del medico che visse in prima persona la strage.
Sono passati quarant’anni dalla terribile Strage di Bologna, il 2 agosto 1980, sul treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro, che provocò 85 morti e 200 feriti.
Le foto della stazione centrale di Bologna, piena di terrore, di sangue e dei resti del treno distrutto, riportano agli occhi una pagina buia del nostro paese.
Il drammatico ricordo dell’esplosione alla stazione di Bologna
L’esplosione, sul primo binario, del treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea, ha segnato l’inconscio collettivo di una nazione, con i passeggeri che gridano terrorizzati e sconvolti davanti alle telecamere accorse sul luogo.
L’esplosione avvenne alle 10.25, un orario fatale che resterà per sempre segnato nelle lancette del grande orologio della stazione, ferme, a tenere in vita la memoria di un evento che non passerà mai.
Le prime ipotesi subito smentite. Fu attentato
Le prime ipotesi circolate dopo l’efferato crimine parlavano dello scoppio di una caldaia. Questa tesi però non reggerà a lungo. Sul luogo dell’esplosione, infatti, non ci sono resti di caldaie. In poche ore arriverà la conclusione più temuta. Quella di un attentato terroristico, per mezzo dell’installazione di una bomba ad alto potenziale.
Per ore tutte le forze dell’ordine, gli operatori sanitari, i vigili del fuoco, l’esercito e quanti altri cercheranno di salvare e mettere in sicurezza vite umane. Gli ospedali si mobilitano ma il responso sarà durissimo, quello di una delle stragi più efferate della storia d’Italia.
Il ricordo di quell’evento drammatico
Piazza Maggiore, quella stessa sera, si riempirà di persone che invocavano giustizia e verità. In stazione arrivò anche la visita del commosso presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Ricordando quella triste giornata e le commemorazioni di questi giorni, il medico Stefano Badiali, all’epoca ventisettenne assistente medico all’ospedale Maggiore, specializzato in Anestesia e Rianimazione, intervistato dal Corriere della Sera, fa luce sull’accaduto partendo dall’oggi.
La verità che manca e le vittime che guardano dal cielo
“Se le 85 vittime potessero sapere quanta gente oggi c’era in piazza per la commemorazione e quanta gente, da 40 anni, fa di tutto per mantenerli vivi nel ricordo, intendo come persone e non come numeri, beh allora sì, credo che un po’ di pace i morti la troverebbero”, dice.
La verità, però, purtroppo, per molti non è ancora affatto conosciuta. “C’è una verità giudiziaria, ci sono state delle sentenze, io penso però che manchi ancora qualcuno all’appello, che non ha pagato. Di anno in anno, ad ogni celebrazione, si parla di desecretazione degli atti”.
Le parole del medico che ha vissuto la tragedia in prima persona
Nelle scorse celebrazione la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati ha invitato a riaprire i cassetti e portare alla luce i fascicoli. “Speriamo che questa volta alle parole seguano i fatti”, dice il medico, allora giovane assistente, oggi in pensione.
“Quel giorno è dentro di me, è come fosse oggi. A volte mi torna su il magone, quando rivedo le immagini alla tv non spengo il televisore, tolgo solo il volume e mi concentro, penso a tutte le vittime, ai 200 feriti, li sento vicinissimi. No, non ci si può fare l’abitudine a una cosa così”.
L’appello del cardinale Zuppi a fare emergere la verità
L’appello della presidente del Senato è stato anche rilanciato sui media vaticani dall’Arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Maria Zuppi. “Chiediamo ancora che chi sa qualcosa trovi i modi per comunicare tutto ciò che può aiutare la verità, perché anche se scappiamo dal giudizio degli uomini non scappiamo dalla nostra coscienza e soprattutto dal giudizio di Dio”, ha affermato.
Il 30 luglio scorso il cardinale ha celebrato Messa in suffragio delle vittime delle stragi della stazione ferroviaria e di quella di Ustica, avvenuta solamente poche settimane prima, il 27 giugno del 1980, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella Cattedrale di San Pietro a Bologna.
Zuppi: ci sono “mandanti protetti dall’ombra di complicità”
Zuppi ha parlato di “quei mandanti protetti dall’ombra di quelle che sono vere e proprie complicità”, chiedendo ancora una volta a gran voce di fare emergere la verità. “Purtroppo manca ancora tanta parte della verità. Ci si accorge che è molto parziale, o addirittura fallace, e che, quindi, bisogna ancora cercarla”, ha spiegato Zuppi.
Da questo punto di vista i parenti delle vittime sono un esempio di ostinazione a non rassegnarsi, anche perché non è che in questi 40 anni non sia stato fatto nulla, ma capiamo che c’è ancora tanto da fare”, ha aggiunto. Il rischio è che, tristemente, ancora oggi la società, la politica e il bene comune possa essere guidato da interessi occulti.
Se la casa comune funzione, si può resistere a chi semina zizzania
Ma “se per esempio la giustizia, il sistema del bene comune, la nostra casa comune, funzionano, possiamo resistere a colui che semina la zizzania quando tutti dormivano, racconta Gesù, che è il brano del Vangelo che abbiamo letto”, ha concluso il cardinale.
“In fondo ancora oggi, quando tutti dormiamo in un’idea di benessere, di illusione, credendoci sani in un mondo malato, come ha detto Papa Francesco, siamo esposti alla zizzania. E la zizzania vuol dire poteri occulti, vuol dire interessi, vuol dire mafia, vuol dire corruzione. Solo le istituzioni forti, credibili, che coinvolgono lo sforzo delle persone, possono permettere di dare risposte adeguate a colui che continua a seminare zizzania”.
Il bisogno di vicinanza, solidarietà e partecipazione al dolore
Mattarella in una nota ha sottolineato il bisogno di “riaffermare la vicinanza, la solidarietà e la partecipazione al dolore dei familiari delle vittime e alla città di Bologna, così gravemente colpiti dall’efferato e criminale gesto terroristico. Riaffermando, al contempo, il dovere della memoria, l’esigenza di piena verità e giustizia e la necessità di una instancabile opera di difesa dei principi di libertà e democrazia”.
Anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è intervenuto nelle celebrazioni con un breve tweet rilasciato sul social network: “Quaranta anni dalla strage di Bologna. Siamo al fianco dei familiari, di chi crede nello Stato, dei magistrati impegnati a squarciare definitivamente il velo che ci separa dalla verità. Lo dobbiamo alle 85 vittime innocenti, lo dobbiamo a noi stessi”.
Giovanni Bernardi