Nel giorno in cui ricorre l’anniversario della Strage di Capaci, la sorella di Giovanni Falcone, Maria, ne ricorda il lavoro e gli insegnamenti.
La morte del magistrato, come quella del collega Borsellino, sono state un punto di volta nella lotta alla mafia.
Il 1992 è stato un anno nero per lo stato e per la lotta alla mafia. L’organizzazione criminale si sentiva minacciata dal lavoro che stavano svolgendo i magistrati ed ha deciso di compiere degli atti dimostrativi. L’intento era quello di dimostrare che nessuno era intoccabile e che lo stato non poteva difendersi. Il primo di quegli atti terroristici è stata la strage di Capaci del 23 maggio.
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Quel giorno Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo stavano rientrando a Palermo dopo essere stati a Roma. Per rientrare nell’abitazione in cui vivevano i due magistrati stavano percorrendo la A29 (Trapani-Palermo) seguiti da due auto di scorta. Nessuno si sarebbe aspettato che i mafiosi avessero un ordigno sul tratto autostradale. Giunti allo svincolo per Capaci, un sicario ha fatto detonare una carica di tritolo che uccise sia i magistrati che gli uomini della scorta. Due mesi dopo un ordigno piazzato sotto casa di Borsellino, costò la vita all’altro magistrato simbolo della lotta alla mafia.
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Gli atti dimostrativi della mafia hanno avuto un effetto contrario a quello ipotizzato dall’organizzazione criminale. La magistratura e le forze dell’ordine di sono compattate ed hanno lavorato per smantellarne la struttura. Le bombe non hanno messo paura alla popolazione ma, come successo per l’attentato ai danni di Peppino Impastato, hanno spinto la popolazione ad uscire dall’ombra e denunciare. Ciò che è cambiato dopo quell’anno di terrore è stata la mentalità degli italiani, non più disposti a vivere nel terrore.
Parlando di quell’attentato, la professoressa Maria Falcone (sorella di Giovanni e fondatrice dell’associazione a lui intitolata) ha detto a ‘Vatican News’: “Donne e uomini che hanno reso straordinario il loro ordinario impegno mostrando un’etica del dovere che richiama uno dei più grandi insegnamenti che ci ha lasciato Giovanni Falcone”. Quindi aggiunge: “Quel giorno rappresenta uno spartiacque: dopo il 23 maggio del 1992, possiamo parlare di un prima e di un dopo nella lotta alla mafia. Quello rappresenta un momento particolare. È la fine del lavoro di Giovanni, ma in realtà non è così: ci ha lasciato tante di quelle lezioni di antimafia vera che sono e restano, per chi lavora in questo campo, una specie di vademecum”.
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Luca Scapatello
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