Nel corso dell’Udienza Generale da Piazza San Pietro, Papa Francesco ha espresso la propria preoccupazione per quanto accaduto lunedì scorso nella Striscia di Gaza ed ha sottolineato come nessun atto di violenza potrà mai portare alla pace: “Sono molto preoccupato per l’acuirsi delle tensioni in Terra Santa e in Medio Oriente, e per la spirale di violenza che allontana sempre più dalla via della pace, del dialogo e dei negoziati”.
Il Santo Padre ha quindi espresso il proprio cordoglio per le vittime ed i feriti dell’ennesimo scontro tra Palestinesi e Israeliani in Terra Santa ed ha invitato tutte le parti in causa a cercare un modo per appianare le divergenze in maniera pacifica: “Ribadisco che non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza. Invito tutte le parti in causa e la comunità internazionale a rinnovare l’impegno perché prevalgano il dialogo, la giustizia e la pace”.
Era logico aspettarsi che i cittadini palestinesi sarebbero scesi in piazza per protestare contro l’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme, atto politico che porta ad un riconoscimento della città Santa come capitale dello stato di Israele. Per tal motivo era logico aspettarsi che il governo israeliano si preparasse a contenere la contestazione in modo pacifico, anche per dare un segnale differente al mondo intero, dimostrando che una soluzione pacifica è possibile e che c’è del rispetto per la vita dei palestinesi.
Invece la cronaca ci porta a constatare l’ennesimo atto di forza di un governo che pretende di escludere dai territori in cui vivevano i palestinesi, accaparrandosi un diritto di occupazione totale del territorio che non è riconosciuto se non da Israele e dagli Stati Uniti. Il diritto alla convivenza, alla condivisione del territorio dovrebbe prevalere ed invece, nel giorno in cui l’America attesta che Gerusalemme non appartiene più ai palestinesi, emerge nuovamente la violenza (psicologica e fisica) che questa presa di posizione rappresenta. Lunedì sono morte 58 persone, altre tre sono morte per le ferite il giorno seguente, tra queste c’è una neonata di 8 mesi e bisogna aggiungere che sono ben 2800 i feriti. Abu Mazen, premier palestinese, ha dichiarato tre giorni di sciopero ed il lutto nazionale, quindi ha fatto un ulteriore appello all’ONU (garante dei diritti umanitari) affinché questa mattanza abbia finalmente un epilogo.
Luca Scapatello
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