L’estate è un tempo di vacanza, per fermarci e rigenerarci, per il nostro benessere fisico, della psiche e dell’anima.
Ecco allora dei posti incantevoli dove durante la stagione estiva, è possibile ricaricarsi e riposarsi, per dare beneficio sia al corpo che allo spirito.
Un luogo solitario da visitare
Ognuno di noi desidera, per staccare la spina ed allontanarsi dalle fatiche quotidiane.
L’estate è la stagione propizia per fare ciò e, per questo, abbiamo deciso di proporvi dei luoghi che possono definirsi sia turistici dal punto di vista storico ed artistico, ma anche e soprattutto spirituale. Perché non solo il corpo ha bisogno di riposarsi, ma anche l’anima.
Oggi ci trasferiamo in Sardegna e, precisamente, in provincia di Sassari al convento ed eremo di San Pietro di Sorres. Un luogo storico e religioso, posto su un colle di origine vulcanica in territorio del comune di Borutta, in provincia di Sassari.
Apparentemente un posto inospitale, ma in realtà è tra i più belli dell’isola stessa. La chiesa era una cattedrale ed era stata edificata tra il XII e il XIII secolo. Dal 1950 la chiesa e l’attiguo monastero ospitano una comunità di monaci benedettini sublacensi-cassinesi.
Dai pochi documenti si conosce che nel XII secolo sul colle si trovava il centro abitato di Sorres, elevato a sede vescovile, in cui tra il 1171-1178, iniziarono i lavori di costruzione della chiesa cattedrale dedicata a san Pietro, portati a termine entro la prima metà del XIII secolo.
San Pietro di Sorres: lì dal Medioevo
Dal XIV secolo iniziò il declino di Sorres, in seguito al travagliato periodo in cui la Sardegna passò sotto il dominio aragonese. Sorres venne rasa al suolo (distruzione dalla quale venne risparmiata solo la cattedrale e la vicina canonica) e i suoi abitanti dovettero fuggire nei centri vicini, tra cui Borutta, che divenne residenza del vescovo.
L’abbandono di San Pietro di Sorres durò fino al 1947, quando padre Agostino Lanzani, monaco e ingegnere, la scelse per la fondazione di un monastero benedettino in Sardegna. Dal 1950 cominciarono i lavori di restauro degli antichi ambienti.
Si costituì così il complesso formato dalla ex cattedrale (poi chiesa abbaziale), tornata agli antichi splendori, affiancata dal grande monastero in stile neoromanico che ingloba i pochi locali superstiti che sorgevano attorno alla chiesa. Entra ufficialmente in attività nel 1955 con l’arrivo di una comunità di monaci provenienti dall’abbazia di san Giovanni Evangelista a Parma.
Ospitalità e condivisione della regola
Oggi, i monaci qui presenti seguono la regola di San Benedetto e, fra i doveri della regola stessa, vi è anche quella di ospitare i pellegrini, all’interno del loro monastero, per qualche giorno. I monaci stessi, raramente, lasciano il convento se non in casi di estrema necessità o per predicazioni esterne.
L’ospitalità benedettina è chiara: “Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano accolti come Cristo. A tutti si renda l’onore dovuto” – recita la loro regola. Fraterna accoglienza, sì, ma anche condivisione della vita monastica anche con chi tale non lo è.
Un luogo di vera pace e di silenzio dove riscoprire e trovare quel dialogo con Dio che, da tanto, cerchiamo.