La terribile schiavitù di tante schiave del mercato pornografico, è una piaga che sanguina e grida vendetta al cospetto del Signore.
Nel mondo del web, purtroppo, anche la sessualità è ormai stata sdoganata, sempre più accessibile in qualunque momento. Sempre più, però, sono i casi di dolore e immensa frustrazione legati a questa dimensione perversa dell’essere umano, che qualcuno vorrebbe fare passare per buona e persino per benefica.
La toccante lettera di chi è riuscita a cambiare vita
Così sono altrettante le testimonianze di uomini e donne letteralmente distrutti dalla dipendenza che possono causare strumenti legati, ad esempio, alla pornografia. E soprattutto da quell’industria demoniaca che lo tiene in vita, un mondo sempre più potente e diffuso capillarmente che trascina con sé, nei suoi abissi, uomini e donne di ogni età, purtroppo sempre più giovani, che fin dalla più tenera età crescono con un’immagine totalmente distorta dell’amore e dei rapporti umani. Con il rischio che le loro vite finiscono letteralmente persuase dalla violenza nel profondo dell’intimo fin da piccoli. Vite che, una volta entrate nell’industria spietata del porno, finiscono rovinate per la continua ricerca di un appagamento sessuale deleterio e illusorio.
Tra queste, vi è una toccante denuncia comparsa sul sito puntofamiglia.net, rivista cattolica che ha l’obbiettivo di sostenere la famiglia e che è curata da un team di giovani e sposi appassionati della famiglia. “Mentre sono in vacanza ad assaporare il dolce far niente mi arriva una lettera anonima. La leggo e piango, non faccio fatica a credere a ciò che vedo scritto e non posso non rendere pubblica una tale denuncia”, scrive la redattrice che ha pubblicato la testimonianza.
La straziante testimonianza della donna schiava del porno
La donna che ha inviato la lettera, per raccontare il tunnel in cui è finita per mezzo di questa triste dipendenza, spiega che “il porno non ti guarda in faccia“. Il nome di fantasia dell’autrice della lettera, che scrive in un italiano incerto, è Gerica.
“Ci vuole pochissimo per entrare nel giro e anche quando smetti… non ne esci mai. Quando racconto la mia storia mi sento dire: è stata una tua scelta. Non ti ha costretta nessuno. È falso. Una donna che arriva a mortificare il proprio corpo in quel modo è portata con la mano a farlo dalla società, dalla famiglia, dall’odio… Il porno è un mondo di demoni che miete vittime ogni santo giorno con il placet degli spettatori“, spiega la donna.
Un racconto che è una vera testimonianza di dolore e sofferenza
Un racconto che è una vera testimonianza di dolore e sofferenza, quasi da fare accapponare la pelle. Tutto infatti comincia nel peggiore e più classico dei modi, una violenza ricevuta. “Ho subito una violenza quando ero appena un’adolescente. Il mostro veniva dalla mia famiglia. All’epoca non lo chiamavo così. Ero convinta che quello che mi faceva era normale.
Lui mi faceva credere che fosse normale: il dolore, quel disagio in fondo al cuore, il senso di sporcizia che ti porti appiccicato addosso come una seconda pelle. Ho vissuto per anni credendo che l’amore fosse questo. Che gli uomini fossero questo. E quando ho capito che potevo guadagnarci su e affrancarmi da un’infanzia mai vissuta, ho cominciato a farlo senza risparmiarmi nulla”.
Da lì comincia la caduta verso l’inferno, il punto più basso
Da lì comincia la caduta verso l’inferno, il punto più basso. “Ho cominciato a prostituirmi in un locale a Budapest. Ufficialmente ero una accompagnatrice, ufficiosamente se il cliente voleva di più ed era disposto a pagare a me doveva stare bene. L’ho fatto e dopo la prima volta ti ci abitui. Il puzzo è sempre lo stesso. Il gesto anche. Pochi minuti. Tutto passa. Fai finta. Reciti.
Un giorno uno di loro, il lui di turno, mi disse che ero troppo carina che farlo così. Potevo guadagnarci di più. Mi disse che c’era un casting per un film. Il passaggio è stato rapido e indolore. Mi hanno presa subito. 150 euro a scena, né rodavo centinaia di scene, ma era diverso da quello che facevo con i clienti. Dovetti spendere le prime somme per rifarmi i seni, poi i glutei.
Il terrificante giro di pornografia in cui sono costrette migliaia di donne
Dovevo essere come volevano loro, sempre a favore di telecamera, sempre interamente depilata. Essere pronta a tutta, fare di tutto altrimenti? La paga scendeva. Unica garanzia, le analisi del sangue del partner con cui mi accoppiavo. Uso questo termine ma non è adeguato. Io non avevo un partner, né avevo vari e non mi accoppiavo fingevo di farlo. Era il mio corpo che lo faceva sul serio”.
Insomma, Gerica entra in quel terrificante giro di prostituzione e pornografia in cui sono ad oggi costrette migliaia di persone in tutto il mondo, nella rete, nelle città più visitate al mondo, nei peggiori e più infami sobborghi della terra. Una rete di sfruttamento e violenza demoniaca dove è facile entrare e molto difficile, invece, è uscire.
“Il porno è questo: masochismo. Desiderio di farsi del male”
“Quando tornavo a casa mi sembra di sentirlo che mi implorava, le gambe a pezzi, la schiena dolente, i lividi sulla pelle delle volte in cui mi hanno prese a sculacciate e quelli sull’anima delle volte in cui mi hanno insultata. Si deve fare… al pubblico piace così. La donna deve essere offesa, ingiuriata, violentata… il porno è questo una violenza autorizzata da me e dal sistema.
Il porno è questo: masochismo. Desiderio di farsi del male. Nessuna donna affettivamente e mentalmente sana si sottoporrebbe ad una mortificazione simile. Talvolta mi sembra di sentire ancora la voce del primo uomo che mi ha violentata, quello di famiglia. ‘La colpa è tua’, diceva… ‘sei tu che mi provochi’ e con il tempo ho finito con il crederci che era colpa mia. Che me lo meritavo.
“Odiavo gli uomini, odiavo le donne… odiavo me stessa”
Che puzzavo come le scene che giravo. Odiavo gli uomini, odiavo le donne… odiavo me stessa. Mi facevo male e sopportavo in silenzio, perché mi dicevo che me lo meritavo. Era il castigo che dovevo subire. Ho girato scene sadomaso. Ho provato dolore e avvertito le mortificazioni più frustrante che una donna può subire. Loro non mi guardavano nemmeno in faccia. Nessuno in quell’ambiente di guarda in faccia. Non serve la faccia”.
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Questa donna di nome Gerica ha così continuato per anni questa vita infernale. Fino a che la sua coscienza, e i morsi che le erano stati inferti, ha cominciato a rivoltarsi, a farsi sentire. Così, piano piano, è nato, da una piccola consapevolezza, lo stimolo per rialzare la testa e uscire dal dramma.
Il momento in cui la coscienza della donna comincia a farsi sentire
“Sono andata avanti così per anni fino a quando ho cominciato a non sentire più nulla, né il dolore né il piacere. Sul set mi accusavano di essere poco partecipe di non comunicare piacere. Io ci provavo ma ero apatica, assente e per risvegliarmi cominciavo a pippare, bere e poi…. drogarmi. A nessuno interessava nulla, anzi più sei disinibita più piaci. Ero ricca, avevo tanti di quei soldi che mi uscivano dalle orecchie ma intanto avevo perso la mia dignità e non riuscivo nemmeno a guardare quel corpo riflesso allo specchio.
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Non rivedevo mai le scene che rodavo, mai… mi facevo schifo. E proprio da quel senso di disgusto che provavo per me stessa cominciava a rinascere una nuova me. Lo sa come si dice? Quando tocchi il fondo o muori lì oppure trovi la forza di risalire la corrente. Ed io ho trovato la forza. Una forza straordinaria che solo Dio può donarti perché solo Lui in questo mondo di restituisce la dignità. La vita, il sistema, i soldi te la tolgono. Solo Dio ti dice che sei importante, che sei prezioso, che il tuo corpo non è fatto per offrire spettacolini eccitanti a gente malata, ma per custodire un’anima immortale, fatta per il paradiso”.
Con la fede nel Signore tutto è possibile, anche reagire al male
Con la fede nel Signore, e la volontà d’animo, la certezza che tutto è possibile per chi crede in Dio, che c’è sempre la forza di reagire di fronte alla brutalità e al dolore più cupo, Gerica è riuscita a fare emergere la sua vera personalità e a scacciare il male dalla propria vita. Per sempre. Così ora il suo appello è drammaticamente potente, rivolto a tutte quelle donne che ogni giorno lottano per mantenere accesa la fiamma della propria dignità.
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“Da qui ho ricominciato e non è stato facile”, conclude infatti la lettera della donna. “Ho dovuto pagarmi percorsi di terapie per uscire dal tunnel della droga e dopo altri per recuperare il rispetto per me stessa e altri ancora per affrontare i traumi dell’infanzia. Non ne sono ancora uscita. La mia non è una storia a lieto fine. Non riesco ad avere rapporti ad esempio. Mi innamoro ma quando si arriva al dunque mi ritiro come si fa con l’acqua bollente.
Le cicatrici del passato e la forze per guardare al futuro
Sono segnata a vita dal mio passato, porterò le cicatrici del porno per sempre sulla pelle a ricordarmi lo squallore in cui ho accettato di vivere. Mi sono detta però che tutto quel dolore poteva servire a qualcun’altra delle mie ex colleghe e così spendo la vita a cercare di tirarne fuori dal giro quante più è possibile. Non sempre ci riesco. Devo lavorare in sordina perché l’industria del porno è come quella della prostituzione, se togli loro la carne da macello con cui si alimentano, diventa pericolosa.
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Per questo motivo devo tenere celata la mia identità. Ma spero di cuore che questa mia lettera possa arrivare a qualcuno che si diverte a guardare il porno oppure a qualcuna che lo fa anche a livello amatoriale pensando che sia solo un piacevole divertimento. A queste persone vorrei dire: non è normale. Tornate indietro finché potete”
Giovanni Bernardi