Da uno studio dell’università di Harvard arriva la conferma che chi è credente, partecipa alla Messa e riceve i Sacramenti, è meno esposto alla disperazione anche nei momenti più bui della vita.

Ciò che è emerso dallo studio svolto dall’università di Harvard sul rapporto tra fede e comportamento umano era facilmente intuibile. Ma a volte serve che a ribadire ciò che appare ovvio sia anche la scienza o almeno l’osservazione analitica e le indagini laiche e accademiche.
Un recente studio condotto dalla prestigiosa università statunitense ha rilevato che coloro che partecipano assiduamente alla santa Messa, che svolgono perciò una vita sacramentale cristiana, sono meno esposti a stati di disperazione. Questo si verifica anche quando si presentano le situazioni più difficili e dolorose da affrontare.
Credere in Dio, non in uno qualsiasi, ma nel Dio Padre Onnipotente che si è rivelato in Gesù Cristo, fa la differenza. Anche senza effettuare un’approfondita analisi sociologica, ricca di dati alla mano, la considerazione sembra piuttosto evidente.
Chi va a Messa è meno incline alla disperazione: lo studio di Harvard
I ricercatori dell’Università di Harvard hanno pubblicato sulla rivista JAMA Psychiatry una ricerca dal titolo Religious Service Attendance and Deaths Related to Drugs, Alcohol, and Suicide Among US Health Care Professionals ( Assistenza religiosa e decessi correlati a droghe, alcol e suicidio tra i professionisti della sanità negli Stati Uniti).

Hanno sottoposto ad analisi un campione di 66.492 infermiere e 43.141 professionisti sanitari ed è risultato che in coloro che frequentano la Messa almeno una volta alla settimana c’è un rischio di morte per disperazione inferiore del 68% .
Chi crede e pratica la fede acquisisce una pace interiore e una fortezza che lo sostiene nelle difficoltà. Soprattutto, quando si ha fede, la vita è vissuta nell’ottica della relazione con il Signore, si vive del suo amore. Questo non lascia spazio al venir meno della speranza, che è la disperazione, ma consente di andare avanti anche nel dolore.
La pace del cuore e la forza che viene da Dio
Che la fede sia tra le altre cose anche fonte di consolazione e che fornisca la forza necessaria per affrontare le sofferenze è un dato di fatto osservato e spesso invidiato da molti non credenti. Ma c’è da chiedersi da cosa effettivamente derivi tutto questo.
Con un approccio esclusivamente laico, come quello che si rileva da studi di questo genere, c’è il rischio che possa emergere una questione di analisi strettamente psicologica. Questa non può fornire una spiegazione esaustiva del fenomeno.
Certamente credere implica come conseguenza determinate dinamiche psicologiche, e porta molto più facilmente ad un equilibrio interiore. È frutto, quindi, di un meccanismo per cui, come una sorta di placebo, si anestetizza il dolore?
Niente di tutto questo. E in particolare, dove si trae effettivamente la forza e la speranza? Non avviene per proprie capacità, ma è tutto sempre e solo dono di grazia.
L’obiettivo della felicità eterna
Quello che dovrebbe interrogare i non credenti, forse incuriositi da questi dati scientifici, è proprio il perchè la disperazione è annullata dalla fede. Non si tratta di una tecnica per star bene o di un vantaggio da acquisire.

Molti potrebbero pensare che credere conviene, è vantaggioso e che è la chiave per la felicità su questa terra. Ma chi crede sa che non è così. La fede non elimina il dolore, anche quello più profondo. Quaggiù ci viene dato il centuplo, ma non è l’obiettivo.
Gesù ha invitato tutti gli affaticati e oppressi ad accostarsi a lui perchè solo lui può fornire il vero ristoro. Ma credere comporta anche la persecuzione, grande o piccola che sia, come dimostra la vita dei santi e dei numerosissimi martiri.
Ciò che porta alla disperazione è una visione incentrata sul “qui e ora”, sulla vita su questa terra, peraltro breve e fugace. Ma soprattutto, viene dalla solitudine del non sentirsi amati. Chi crede sa che c’è un Padre che lo ha creato per amore e un Figlio che è morto in croce per lui.
La certezza di questo amore sconfinato porta ad un abbandono fiducioso e sposta la prospettiva: non la ricerca assoluta della felicità su questa terra, ma la beatitudine eterna. Nella relazione con il Signore, credere e scegliere di seguirlo è accompagnato dalla forza e tutti i doni necessari per resistere nelle avversità.
Qualsiasi studio scientifico può arrivare ad un’intuizione, afferrare qualcosa, ma per una comprensione profonda di queste dinamiche c’è solo da sperimentare il rapporto con Dio.