Per chi si interroga sulla crisi della Chiesa c’è solo una risposta

La Chiesa vive una grande crisi e ci si interroga sulla risposta. Spesso ne emerge una sbagliata, contro l’unica richiesta. 

Crisi Chiesa
photo web source

Molti si interrogano sulle sorti del cristianesimo. Le posizioni di pensatori, intellettuali e storici sono molte, ben diverse tra loro. C’è chi vede un cristianesimo agonizzante, in grande difficoltà, chi un destino in cui i cristiani sono chiamati a lottare ogni giorno contro l’irrilevanza e l’indifferenza.

Tutte le diverse idee in campo sulla crisi della Chiesa

Chi invece pensa che, sulla scorta della profezia di Ratzinger, il cristianesimo potrà rinascere solo grazie a piccole comunità di individui che vivono una fede radicata e profonda, e che permetteranno anche allo stesso tempo una rinascita del mondo intero in ormai sempre più evidente decadenza.

Chi invece vede un futuro positivo per la fede, sempre più destinata a ritornare al centro del dibattito pubblico grazie anche a un’avvicinamento della stessa ai temi di comune dibattito, dovuto anche alla necessità immancabile della società di vivere una dimensione sociale che sia ben radicata nel sacro e nello spirituale.

I tanti eventi simbolici a cui si è assistito in questi anni

Ci sono stati negli ultimi anni diversi eventi fondamentali, anche e soprattutto a livello simbolico, che hanno interrogato i protagonisti del dibattito pubblico riguardante il ruolo della fede nel mondo di oggi, sempre più osteggiata e messo in ombra ma allo stesso tempo sempre più imprescindibile, e che preme per ritornare fuori ed essere messa al centro.

Spesso sembra quasi che più si vuole confinare la fede in un angolo, più questa acquista forza e energia vitale, per ritornare nel cuore pulsante della società e in quello dei singoli cittadini.

La fede dei cristiani va ben oltre i dibattiti dei talk show

Non si parlerà di fede nei giornali, nei talk show o nelle riviste di moda, ma i dati registrano spesso afflussi intensi nelle chiese, ad esempio in queste ultime feste pasquali, nonostante le limitazioni anti-Covid che però non hanno potuto molto contro il bisogno di tanti di stare sempre più vicini al Signore, unico vero compagno capace di parlare alla propria vita e di accompagnarci nel quotidiano.

Tra questi eventi simbolici importanti, che hanno messo in luce questo bisogno di discutere del ruolo della fede nella società contemporanea, uno su tutti è stato l’incendio della guglia della Basilica di Notre-Dame, a Parigi, cuore pulsante della fede in Francia, Paese che ha contribuito nei secoli alla missione della cristianità, donando santi di grande importanza.

Senza il cristianesimo l’Europa è destinata solo allo smarrimento

Ma che oggi, tuttavia, è preda di due spinte disgregatrici e nichiliste. Che sono, da un lato, l’illuminismo ideologico e ateo di derivazione giacobina e marxista, e dall’altro l’islamismo radicale, che sfocia nelle derive terroristiche che hanno messo a ferro e fuoco il Paese in più occasioni nell’ultimo decennio.

La verità, però, è che Paesi come la Francia, o anche l’Unione europea in generale, non sono pensabili senza il cattolicesimo. Per molti, il futuro è chiaro: l’Europa o è cattolica o non è, non ci sono alternative. Il mito dell’Europa atea, materialista, paladina di diritti umani che spesso di umano hanno ben poco, promotrice del mito di un progresso che rischia di catapultarci in una condizione che ci riporta molto indietro nel tempo.

La disumanità di una comunità senza carità

Pensiamo alla tratta degli esseri umani, al lavoro schiavistico di tante multinazionali dell’e-commerce, all’utero in affitto, all’odio endemico che cresce di fronte a disuguaglianze a dir poco strutturali, è destinato a naufragare nel vuoto, come sta facendo ormai da anni.

Per molti, la società globale procederà sempre più in questa direzione se non si tornerà ad ammettere, o meglio a ricercare di mettere al centro del nostro continente, quell’anima cristiana che è l’unica che può ridare slancio e vitalità a una comunità in decadenza, “vecchia e stanca” come la chiamò il Papa nello storico discorso durante il ricevimento del Premio Carlo Magno.

Le tante sfumature che vanno prese in considerazione

In tutto ciò, ci sono una serie di sfumature sociali e personali potenzialmente infinite che hanno bisogno di essere prese in considerazione, come spiega nel suo ultimo libro lo storico Andrea Riccardi, “La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo”. Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, parla della presenza ancora viva di un cristianesimo diffuso, ma anche della presenza di una cultura laica sensibile all’esistenza del cristianesimo.

“Non si possono polarizzare i sentimenti in due sole posizioni, quella dei cattolici e quella del mondo laico. Questa bipartizione è stata generalmente vera all’epoca degli scontri frontali tra cattolicesimo e laici o tra cattolicesimo e comunismo, anche se sovrapposizioni, parentele e legami sotterranei ci sono sempre stati”, scrive Riccardi.

Indagando sulle prospettive si risale anche alle cause stesse

Sullo sfondo, la domanda provocatoria: “Che che cosa sarà un mondo senza Chiesa?”. Secondo lo storico oggi il dibattito sulla crisi cattolica ha “voltato le spalle alle passioni di un tempo e all’ottimismo della volontà riformatrice attraverso cui analizzare la crisi e superare le difficoltà. Ottimismo e passione hanno abitato gli anni dopo il Concilio, quando si è pensato, lavorato, sognato per attuare cambiamenti nella Chiesa. Oggi invece sono carenti le proposte, ma forse anche gli entusiasmi, seppure è difficile misurare obiettivamente la temperatura del dibattito”.

Di fronte a questo genere di analisi, però, viene da chiedersi quali siano le prospettive. O forse, viene anche da pensare a dove si possano rintracciarne le cause. Certo, se si considera la Chiesa come un organismo puramente materiale, umano, di certo si deve mettere in conto che prima o poi, come tutte le cose umane, questa è destinata alla sua fine.

LEGGI ANCHE: La “mano di Dio” mostra un bisogno profondo ma anche un rischio

La sciagura del pelagianesimo che ci porta lontani dalla risposta

Se si pensa, come accadeva per i pelagiani, il cui pensiero è spesso indicato dal Papa come una vera sciagura per la Chiesa, anche e soprattutto quella moderna, insieme a quello degli gnostici, che la Chiesa cammini solamente sulle gambe umane, e siano gli stessi umani a doverla salvare, allora difficilmente si andrà lontano.

Purtroppo, è forse proprio questa la radice dei problemi, nella mancanza di fede in Gesù non come vero Uomo ma come vero Dio. Pensare di dovere salvare la Chiesa rende implicito che l’uomo stesso si creda superiore a Dio. Pensare che la barca della Chiesa non affonderà mai perché è nelle mani del Signore, invece, significa fare affidamento alla volontà che viene espressamente indicata nella Sua Parola. La stessa Parola che ha sorretto la vita della cristianità fin dal principio. 

LEGGI ANCHE: Chiesa e società: bisogna svegliarsi dal letargo per predicare il Vangelo

La Chiesa ha bisogno soltanto di rimettere al centro il mistero di Cristo

Chi pensa che tutto possa misurarsi con il fattore umano, e con i ragionamenti che storici e intellettuali posso mettere in campo, significa posizionarsi come un corpo esterno alla Chiesa stessa, senza cogliere molto della sua essenza, continuandola a guardare da lontano. 

Senza quel Mistero che rende viva e pulsante la presenza di Cristo oggi tra i suoi fedeli, la Chiesa non è Chiesa, ma solamente una Ong dedita alla carità di persone con tanti buoni ideali ma che forse mancano di un incontro reale con il Signore. Una sorta di movimento terreno cristianamente ispirato nei suoi ideali, ma che non si lascia ispirare dall’Annuncio della Parola del Signore, vera missione di ogni cristiano.

LEGGI ANCHE: Covid, Patriarca di Gerusalemme: che cosa ci salverà?

Per questo, è proprio alla fede in Gesù che bisogna guardare quando si vuole pensare al futuro della Chiesa, perché i ragionamenti di chi usa le categorie della politica o della sociologia per indagare il mistero di Cristo non ci porteranno di certo lontano. Forse al massimo si rischia, inconsapevolmente, di fare il gioco del nemico.

Giovanni Bernardi

Gestione cookie