Aiuta le donne ad ottenere ciò che spetta loro di diritto. Le aiuta ad ottenere asilo politico e le aiuta a costruirsi un futuro anche se lontano dalla propria terra.
Suor Aziza è una religiosa comboniana che aiuta tutte le donne che a lei si rivolgono in cerca d’aiuto, di protezione. Un aiuto concreto, non fatto solo di parole, a partire da quello di “esser riconosciute” nel Paese in cui hanno cercato rifugio.
Un aiuto concreto alle donne sole: suor Aziza
Suor Azezet Habtezghi Kidane, a tutti conosciuta semplicemente come “suor Aziza”, è una donna che non perde mai il sorriso. È quella la sua carta d’identità, nient’altro. E quel sorriso le permette di aiutare tante altre giovani e donne che a lei si rivolgono.
Molti non la riconoscono perchè, la maggior delle volte non indossa il classico velo da suora, ma lei suora lo è davvero. È una religiosa dell’ordine Comboniano, Eritrea ed ha 62 anni. È, prima di esser una suora, un’infermiera ed un’ostetrica e vive tra la West Bank, dove segue le comunità beduine, e Tel Aviv, dove lavora per dare un futuro a centinaia di donne africane arrivate in Israele attraverso il Sinai.
“Insegno loro a lavorare per ottenere un pezzo di carta”
Ed è proprio aiutare le donne il perno di tutta la sua attività. Insegna loro a sopravvivere per potersi conquistare un “pezzo di carta” (come lo chiama lei) che è la possibilità di restare, tramite asilo politico, nel luogo in cui hanno trovato rifugio. Insegna loro a trovare o crearsi da sé un lavoro. Dà loro la possibilità di imparare l’arte dell’uncinetto o della sartoria, grazie ad una sola macchina da cucire, in modo tale che possano produrre qualcosa da rivendere poi e, di conseguenza, poter avere un proprio sostentamento.
Tutto questo per le donne, africane come lei, che dal 2007 sono fuggite (ed ancora fuggono) ed arrivano in Israele attraverso il Sinai. Sono donne seviziate, ferite nel corpo e nell’animo, anche con gravi traumi psicologici che, a distanza di anni, ancora non riescono a rimuovere. Ma suor Aziza è sempre lì per loro e con loro, e non le lascia mai sole.
Suor Aziza: da infermiera ad “angelo” per le donne rifugiate
“A Tel Aviv facevo l’infermiera volontaria nella clinica di una ONG. In quanto donna, i medici mi chiesero di parlare con le giovani che arrivavano dal Sinai. Erano traumatizzate, piene di ferite e cicatrici. Volevamo capire cosa avevano vissuto nel tragitto. Non immaginavamo quello che ci avrebbero raccontato” – lo svela in un’intervista.
Donne abusate, sfruttate, violentate e fatte diventare invalide, anche con il taglio di mani o piedi. Fu così, da questa terribile esperienza di semplice ascolto, che suor Aziza decise di iniziare a far qualcosa di concreto per aiutarle.
Partire dalle cose più semplici della vita, per superare le sevizie e la disumanità dei loro simili. Bisognava offrir loro una speranza: è nata l’associazione “Kuchinate”, che nella lingua tigrina significa “crochet”, ovvero uncinetto. Da qui, la sua idea di insegnar loro a lavorare a maglia, a lavorare le stoffe, a cucire, per dar vita a coloratissimi oggetti o indumenti che vengono poi venduti al mercato.
Il commercio online degli abiti delle ragazze di suor Aziza
Un commercio che, negli ultimi anni, è diventato anche online, con ordinazione che arrivano anche dall’Italia e dagli Stati Uniti. “Abbiamo 350 rifugiate richiedenti asilo che lavorano con noi, in questo periodo di pandemia anche da casa. A ciascuna diamo un piccolo salario e voucher per mangiare […]
Ci sono donne che, arrivate incinte dal viaggio attraverso il deserto, hanno dato in adozione il figlio qui in Israele, e adesso ne hanno nostalgia e vorrebbero sapere qual è stato il loro destino” – conclude Suor Aziza.
E’ stata premiata negli Stati Uniti come “Eroe del nostro tempo contro le moderne schiavitù”
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Fonte: avvenire.it
ROSALIA GIGLIANO