Religiosa pubblica una lettera su di un quotidiano, per denunciare la brutta disavventura di cui è stata vittima e mettere in guardia tutti dal pericolo.
Lei è suor Anna Monia Alfieri è, a sua insaputa, si è trovata vittima di una truffa su Whatsapp: “Mi corre l’obbligo morale e civile di darne immediata notizia a tutela dei miei contatti” – ha scritto. La religiosa ha scelto uno dei principali quotidiani nazionali per pubblicare la storia di questa sua triste vicenda.
La truffa su Whatsapp
Il sentirsi spiati, osservati, anche quando non sembra esser così. La violazione della propria privacy è una delle cose più deleterie che possa accadere ad una persona. Ma purtroppo succede, anche alle persone di Chiesa.
Ad esser rimasta vittima di una truffa su Whatsapp è Suor Anna Monia: “Ho avuto questa chiara percezione, a seguito di un episodio che mi è capitato […] Dopo una intensa giornata di lavoro […] il cellulare ha cominciato a suonare. “Suor Anna Monia, sta bene? Cosa le è successo?”. E così in tantissimi. Sono rimasta ovviamente senza parole. In breve: dal mio cellulare erano partiti centinaia di messaggi in cui si diceva che la mia carta di credito non funzionava e che avevo bisogno di aiuto” – ha scritto la religiosa su il quotidiano Il Giornale.
Suor Anna Monia: “Hanno violato la mia privacy per chiedere soldi”
“Cosa è successo? Si sono impadroniti del mio account WhatsApp. Una cosa terribile per chi, come me, ha un alto senso del pudore e della riservatezza. Subito, ovviamente, ho allertato Polizia postale e Carabinieri, tutti sempre disponibili e puntuali. Il senso civico impone a tutti di fermarsi, di capire come sia potuto succedere” – ha spiegato, con fermezza.
Da lì la denuncia, non solo alle autorità competenti, ma anche una pubblica, perché quello che a lei è accaduto, non accada a tante altre ignare persone. “Infatti, quelli che hanno ordito la truffa hanno studiato il mio campo d’azione e su questo hanno lavorato. Ho ricostruito, poi, come sono andate le cose: martedì sera ero in treno, ho voluto prendere l’ultimo treno per poter lavorare tutto il giorno.
Ero esausta e, siccome il treno era semi vuoto, ho appoggiato la testa sul tavolino per chiudere gli occhi. In quel frangente, mi è arrivato un messaggio da un amico, scrittore e giornalista, un nome noto di cui mi fido, in cui si diceva che stava creando un gruppo WhatsApp sulla scuola, considerate le difficoltà della riapertura” – racconta.
E’ successo tutto a partire da un gruppo Whatsapp
Un gruppo Whatsapp come ce ne sono tanti, con un codice d’accesso. Un gruppo chiuso agli estranei insomma. “Poco dopo, sempre dallo stesso giornalista, è arrivato un messaggio in cui mi si chiedevano dei soldi tramite carta di credito, soldi che poi mi avrebbe restituito. Io, colta in un momento di stanchezza, dopo una giornata di 16 ore di lavoro la soglia dell’attenzione si abbassa, non ho pensato molto e ho risposto che non possiedo una carta di credito. Ecco, dunque, l’origine delle telefonate che mi sono arrivate” – racconta Suor Anna Monia.
Al momento, una persona non ci dà peso, perché sono tantissimi i messaggi fuorvianti e di questo tipo che arrivano: “Mi sono detta: “Bastava poco per capirlo”. Alla mortificazione deve però subentrare la denuncia, la conseguente apertura delle indagini, perché si tratta di truffe studiatissime che colpiscono e danneggiano gravemente. La denuncia è aperta e le indagini faranno il loro corso”.
La religiosa: “Non bisogna aver paura di denunciare”
La voglia di denunciare, di non vergognarsi anche se si tratta di una cosa che, sembra, apparentemente di poco conto, ma che in realtà, poi, così non è. “Cari giovani, non basterà il sussidio, la mancetta, la legge più perfetta per tutelarvi dalla discriminazione e dalla truffa, come dalla violenza, credetemi: solo il sapere aiuterà a vivere liberi dall’idiozia, propria e altrui” – ha concluso suor Anna Monia.
Fonte: ilgiornale
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ROSALIA GIGLIANO