Le parole della suora con uno dei nomi più stravaganti e divertenti nella Chiesa aprono uno spiraglio a dir poco inaspettato sul senso del lavoro e della quotidianità di ciascuno di noi.
Madre Noella Marcellino è una benedettina ma anche una microbiologa di fama internazionale, studiosa della biodiversità dei funghi impiegati nella stagionatura del formaggio.
La religiosa è priora del monastero di clausura Our Lady of the Rock di Shaw Island, nel Nord-ovest degli Stati Uniti. Si tratta di una comunità emanazione dell’Abbazia Regina Laudis di Bethlehem, centro di quattromila anime nel Connecticut.
Dopo soli 4 anni che madre Noella vi è entrata, nel 1973, ha iniziato a produrre il formaggio. Perciò la sua storia è molto particolare, tanto da essergli valso un appellativo a dir poco fuori dalle righe. L’hanno infatti soprannominata “The Cheese Nun”, la suora del formaggio. La ragione? Perché è riuscita a trovare Dio anche facendo il formaggio.
Dopo infatti avere conseguito il Dottorato in Microbiologia presso l’Università del Connecticut e una specializzazione nel processo di stagionatura del formaggio, ora è consulente scientifica dell’industria casearia americana e viene chiamata come giudice in vari concorsi gastronomici.
La suora ha ricevuto svariati premi come il Grand Prix de la Science de l’Alimentation de l’Académie Internationale de la Gastronomie di Parigi e persino un documentario prodotto dalla Paris American Television Company. Da lì il simpatico soprannome.
La domanda tuttavia è ovvia ma nient’affatto scontata. Qual è il legame tra la spiritualità e la ricerca di Dio, e il fare il formaggio? La riposta della suora, consegnata al settimanale Famiglia Cristiana, è inaspettata.
“Per la mia attività casearia ho trovato grande sostegno nella Regola benedettina perché il formaggio è un prodotto della terra e San Benedetto predicava il radicamento nella terra, l’humus, che in latino, guarda caso, ha la stessa radice di umiltà“, ha affermato al settimanale paolino Famiglia Cristiana.
“Sono una benedettina. San Gregorio Magno scrisse che san Benedetto alla fine della sua vita vide “il mondo intero in un raggio di luce”. Come contemplativi abbiamo bisogno di avere una visione globale e tuttavia abbiamo bisogno di un punto d’ingresso nell’universale“, spiega.
Non a caso, la spiritualità benedettina concede una dignità del tutto vicina al divino al lavoro delle proprie mani. “Il nostro motto è “Ora et Labora”. Lavorare con le nostre mani su un aspetto della creazione ci mostra la meraviglia della creazione stessa di Dio e arricchisce la nostra preghiera“, afferma la religiosa.
Insomma, dietro il lavoro e l’impegno si intravede la mano del Signore sulla vita di ciascuno. Come poterle dare torto? “Quando, attraverso il microscopio, osservo qualcosa, scorgo il mondo intero e mi ritraggo con stupore e gratitudine per la bellezza del Creato“, racconta infatti ancora la suora.
“C’è una preghiera di Sant’Agostino che spiega molto bene quest’aspetto e che mi piace citare: Alcune persone, per scoprire Dio, leggono libri. Ma c’è un grande libro: l’apparenza stessa delle cose create. Guarda sopra di te! Guarda sotto di te! Annotalo. Leggilo. Dio, che vuoi scoprire, non ha mai scritto quel libro con l’inchiostro. Invece ha posto davanti ai tuoi occhi le cose che aveva fatto‘”.
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