Qual è la posizione della Chiesa in merito alla superstizione? E il fedele che cade in questo “tranello” vive una mancanza o una perdita di fiducia in Cristo?
La tradizione popolare risponderebbe con la sua canonica frase: “Non è vero, ma ci credo”. Ma in realtà, il discorso è un po’ più lungo e complesso. La superstizione è qualcosa che può arrivare anche ad influenzare le nostre azioni di tutti i giorni.
Può un rituale o una pratica superstiziosa condizionare la nostra vita a tal punto, e allontanarci anche dalla fede?
È uno dei mezzi del quale il demonio si serve per farci cadere nella sua rete di tentazioni. Tentazioni che possono allontanarci da Dio e dalla retta via che Lui ha tracciato per noi. Possono farci perdere in Lui la fiducia e farci, anche arrivare al punto tale per cui, “se non compio quella determinata azione” prima dell’inizio di una giornata (ad esempio), “mi può succedere qualcosa di grave”.
Superstizione: è un peccato?
Letteralmente, questa si chiama “superstizione” e tutte le pratiche, tutti quei gesti, tutto ciò che ha con essa a che fare, la Chiesa le condanna pienamente e, come i teologi stessi osservano, sono da “considerarsi in linea di principio un peccato, anche se non necessariamente grave”.
Certo: i peccati gravi veri e propri sono altri, però anche questa deve rientrare a far parte di quel gruppo che, comunque, deve considerarsi come un allontanamento che ciascuno di noi ha da Dio, anche se solo per un momento.
La superstizione è, come dicevamo, condannata dalla Chiesa. Anche Papa Francesco ha, più volte, ribadito che “chi si dice cristiano, chi si professa cristiano, non può andare dall’indovino per farsi leggere la mano”. Il Pontefice lo afferma: questa è superstizione e non è qualcosa che di certo viene da Dio.
Ma una persona che incappa in pratiche particolari, o attua dei gesti, anche piccoli che siano, ma che possono influenzare la sua vita, commette peccato? Stando a quanto ci insegnano i teologi, “sarebbe sicuramente inopportuno generare, in queste persone, un senso di colpa”, puntando il dito sul fatto che sia un peccato grave abbandonarsi alla superstizione. E’ comunque necessario constatare che, chi a queste pratiche si lascia catturare, ha comunque commesso una mancanza di libertà per se stesso.
Condiziona la nostra vita e provoca sensi di colpa
Libertà inteso come non capacità di riuscire a distinguere quanto possa esser utile tale pratica, a differenza dell’affidarsi completamente a Cristo. La Chiesa vuole tutelare i suoi figli da pratiche che possono diventare condizionanti e che possono anche arrivare a togliere la libertà.
In che modo? Immaginiamo solo il fatto che, chi ne è completamente permeato in queste pratiche superstizione, inizia a pensare che “se non le rispetto, vivrò in disagio”.
Tutto ciò non va assolutamente bene: da un lato, come abbiamo più volte ripetuto, è come se fosse una mancanza di fiducia nei confronti del Signore, il quale ciò che ha stabilito per ciascuno di noi è giusto e non va, di certo, mai a nostro sfavore.
Cosa dice la Chiesa in merito
Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica condanna chiaramente la superstizione:
“La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un’importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie.
Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione” (2111).
Facciamo, quindi, attenzione perché quelle che possono sembrare semplici ed, apparentemente, innocui gesti, nascondono dietro qualcosa di più profondo che può arrivare anche ad influenzare la nostra vita e renderci schiavi.