Il virologo Giulio Tarro rigetta completamente l’idea del vaccino antinfluenzale a tappeto. Spiega: contro il coronavirus non solo non è necessario, ma è anche controproducente.
In questi giorni, diversi scienziati hanno proposto una campagna di vaccinazioni estesa e persino obbligatoria per tutta la popolazione, nonostante i sondaggi parlino di almeno un quaranta per cento degli italiani del tutto contrari a questo tipo di ipotesi. Il medico napoletano, però, non è affatto d’accordo con chi propone questo tipo di soluzione.
Sul quotidiano SalernoSera è infatti apparsa un’intervista in cui spiega in maniera chiara perché è del tutto contrario. E aggiunge: chi pensa a una soluzione di questo tipo andrebbe denunciato. Insomma: non le manda a dire.
“C’è un lavoro americano conosciutissimo, commissionato dal Pentagono. Ha dimostrato che nel 28% dei casi un coronavirus come questo viene attivato soprattutto nei soggetti che hanno fatto la vaccinazione antinfluenzale”, ha spiegato Tarro, scagliandosi nettamente contro il “vaccino universale”.
“A suo tempo anche il primo ministro inglese disse che era necessario proteggere gli anziani, quelli che erano affetti da altre patologie. E soprattutto coloro che si erano recentemente vaccinati contro l’influenza stagionale”, ha proseguito il medico nell’intervista.
In sostanza, Tarro lascia trasparire il dubbio che un vaccino antinfluenzale potrebbe addirittura arrivare il coronavirus. Per sostenere la sua tesi, Tarro ha spiegato che ci sono studi scientifici che parlano chiaro. E che per questo i cittadini vanno tutelati da un rischio inutile e forse persino controproducente.
“Non lo dico io: ci sono studi scientifici che hanno approfondito il problema. Sia chiaro: non possiamo vaccinare la gente per fare una migliore diagnosi di coronavirus. Queste fesserie lasciamole ai tuttologi“, ha concluso duramente il medico.
Per questo, lo scontro tra medici ed esperti continua a ranghi serrati. Le ipotesi in campo sono molte e tanto diverse tra loro. Si va dagli ottimisti agli allarmisti, da chi tranquillizza la popolazione e chi invece paventa un inverno forse duro e problematico. La speranza ovviamente vira in direzione della prima ipotesi, e Tarro sta da quella parte.
Il virologo dell’Università di Padova Andrea Crisanti, uno degli artefici della buona risposta veneta al coronavirus, sta invece dalla seconda parte. “Non possiamo aspettarci che SarsCov2 sparisca come la Sars, nel giro di un’estate. Ci sono milioni di contagiati in tutti e cinque i continenti”, ha detto il medico al Fatto Quotidiano.
“È soltanto diventato meno probabile infettarsi in Italia in questo preciso momento, per l’effetto positivo del lockdown, delle mascherine e della distanza. E del caldo secco”, ha spiegato Crisanti, direttore della Microbiologia e virologia dell’università padovana. “Sono preoccupato che questi contagi a un certo punto possano far ripartire l’epidemia”.
Crisanti, insomma, non vede tutto roseo all’orizzonte. E sostiene che “il nostro autunno sarà come i mattatoi tedeschi adesso, dove il virus anche ora sta facendo danni seri. Ci serva da lezione perché è quello che potrebbe succedere anche da noi in autunno e inverno”.
Per questa ragione, “dovremo aggredire sul nascere ogni singolo cluster“. Perché “i contagi importati da Paesi in cui l’epidemia è fuori controllo sono molto pericolosi. Ne abbiamo avuto uno anche a Padova, una badante che ha infettato tutta la famiglia. E se non vengono individuati subito, l’Italia rischia di perdere tutto il lavoro fatto con il lockdown”.
Vale a dire che, anche se al momento la probabilità di infettarsi nel nostro Paese resta bassa, in particolare in alcune aree, i comportamenti a cui si assiste ogni giorni attraverso le televisioni e i giornali diventano preoccupanti. Ma si spera che non permettano alla situazione di degenerare di nuovo, facendo tornare reale l’incubo del coronavirus.
“Personalmente evito gli assembramenti ma vado al ristorante, ho smesso di portare la mascherina Ffp2 e sono passato a quella chirurgica. E un giorno spero di potermela levare del tutto”, confessa Crisanti. Spiegando inoltre che la bassa carica virale riscontrata in questi giorni nei tamponi positivi, è dovuta principalmente alla “capacità del virus di infettare cellule in vitro, un sistema artificiale che non necessariamente riproduce fedelmente la capacità infettiva nell’uomo”.
Ma sull’idea che il virus sia meno pericoloso perché mutato, Crisanti tende a fare dei chiarimenti. “Il virus è una moltitudine”, ha spiegato. Per questo “sarebbe meglio dire i virus”. “Anche se uno ha subito una mutazione nel segno di una minore infettività o virulenza, non vuol dire che sia così ovunque e che quel pezzo che ho individuato sia il ceppo dominante. Non posso usare un singolo virus per trarre delle conclusioni generali”
Giovanni Bernardi
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