E’ conveniente non parlare del demonio per non creare suggestioni nella gente?
Non è il non parlarne, ma saperne parlare esattamente e correttamente che si evitano suggestioni sui fedeli. In questo il Vaticano II ci ha dato delle indicazioni precise: ritornare alla catechesi mistagogica. Abbiamo dimenticato il mistero dell’amore di Dio, siamo scesi sul moralismo, ecco l’errore nostro: suggerire che questo si può fare questo no, senza darne la motivazione profonda e vitale che consiste nella realizzazione della nostra salvezza in adesione all’amore di Dio. All’interno di questo contesto, per esempio, occorre comprendere l’evento dell’incarnazione, che non la capisce più nessuno; ci si deve soffermare sul perché si fa carne e cosa è la carne. L’umanizzazione di Dio diventa la nostra divinizzazione, in questo i Padri danno il senso della bellezza del cristianesimo, il senso della profondità della nostra dottrina; invece, noi soffermandoci su questioni soltanto sociali, antropologiche, etiche, di fatto impoveriamo il mistero cristiano e molti lo rifiutano, se ne vanno via dalla Chiesa e dalla pratica cristiana, perché in effetti non diamo il gusto della verità, il gusto dell’amore. Parliamo anche dell’amore di Dio però a livello troppo antropologico, ne dobbiamo parlare proprio a livello teologico di come è stato descritto dalla rivelazione.
Ritorniamo all’essenza della nostra fede, all’approfondimento del mistero dell’amore di Dio verso di noi, che abbraccia tutta la storia della salvezza.
Dentro tale visione integrale, se noi facciamo il discorso di satana, inserendolo nella catechesi mistagogica, io credo che il discorso su satana venga ridimensionato e capito nell’aspetto che più gli compete, in quanto è creatura di Dio, anche lui sottomesso al suo dominio sovrano ed è stato sconfitto da Cristo. In questo modo non possiamo dare a lui più di quello che gli compete, assolutizzando il suo valore, nè meno di ciò che egli può fare, fino ad arrivare alla negazione della sua esistenza e dei suoi influssi. Come facciamo a riconoscere quello che gli compete? Conoscere la nostra dottrina, se ci immergiamo nella contemplazione del mistero del cristianesimo.
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