Da pochissimo in Italia sono partiti i test sierologici, e già si registra un’esplosione di prenotazioni.
Ad esempio all’ospedale San Camillo di Roma i test sierologici, che servono ad individuare se sono stati sviluppati gli anticorpi per il coronavirus, vengono effettuati in maniera piuttosto spedita. Uno ogni dieci minuti. Si possono effettuare tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, nella fascia oraria che va dalle 11 alle 17, 30. Il sabato invece solamente la mattina, dalle 7 alle 12,30.
Tante sono già le prenotazioni, al punto che se si telefona si trova tutto pieno per diversi giorni. L’ospedale romano, situato nel quartiere di Monteverde, ha potenziato il laboratorio Microbiologico per l’emergenza dovuta al coronavirus.
I romani, appena cominciato il periodo della somministrazione, a partire da giovedì 28 maggio, hanno cominciato a contattare in massa il numero regionale 069939 per chiedere di eseguire il test.
I presidi ospedalieri autorizzati dalla Regione Lazio per la somministrazione dei test sono tre. Oltre al San Camillo, ci sono infatti anche il San Giovanni e il Sant’Andrea. Che tuttavia dovranno adottare misure per prevenire gli assembramenti negli ospedali e nelle sale d’attesa. Per questo sarà possibile eseguire le analisi solo attraverso una prenotazione.
I risultati potranno essere ritirati 24 ore dopo in rete, all’indirizzo: https://www.salutelazio.it/scarica-il-tuo-referto. Nel momento in cui viene fatto in ospedale il prelievo, al paziente verranno rilasciate anche le credenziali. L’obiettivo dei test sierologici è quello di fornire una mappatura del contagio, per valutare su larga scala la circolazione del virus, in modo particolare nei soggetti asintomatici.
Le analisi vengono effettuate in regime privatistico, alla tariffa regionale calmierata di 15,23 euro. A questo prezzo si può aggiungere un contributo tra 1 o 2,70 euro per il prelievo, e il pagamento dovrà avvenire esclusivamente on-line tramite pago-pa o sportelli Sisal prima della prestazione.
Le persone che si rivolgono all’ospedale per chiedere di fare i tamponi sono, si rileva a una prima ricognizione, lavoratori privati e stagionali. In particolare, commessi, camerieri, addetti ai banconi, tassisti, chi fa le consegne a domicilio. Alcuni lo fanno per sentirsi più al sicuro, essendo le categorie più esposte. Altri per aggiungere un punto positivo al proprio curriculum, per la personale ricerca di lavoro.
L’esame rivela non se si è in quel momento contagiati dal virus ma se lo si è stati in passato. Quindi di fatto non concede una sorta di “patente di immunità“. Una risposta negativa al test non va cioè interpretata come immunità al virus. Ma è soltanto indice del fatto che si è venuti a contatto con il coronavirus nelle settimane o nei mesi precedenti.
Se invece il test sierologico consegna un risultato positivo, a quel punto ci si dovrà sottoporre a un tampone naso/orofaringeo per vedere se l’infezione è al momento attiva e quindi se si è un soggetto potenzialmente contagioso, che rischia di trasmettere il cirus ad altri.
Così la Regione Lazio ad esempio invita i pazienti che hanno questo esito al test di informare il proprio medico di base che prescriverà il tampone.
L’assessorato alla Sanità regionale ha anche pubblicato la lista degli ambulatori privati autorizzati dove i cittadini potranno sottoporsi al test, anche a pagamento. Il prezzo indicato dalla Regione è infatti di quindici euro, ma i privati lo offrono a pagamento intorno ai cento euro.
Giovanni Bernardi
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