Il 26 maggio sono iniziati i primi prelievi per i test sierologici che verranno effettuati su un campione di centocinquantamila persone distribuite in duemila comuni italiani.
L’obiettivo dell’operazione è quello di mappare la diffusione del virus in Italia. Capire cioè quante persone hanno già sviluppato gli anticorpi al coronavirus anche nel caso di assenza di sintomi particolari.
Il test dell’Istat per verificare il contagio
Riuscendo così a stimare la dimensione e l’estensione del contagio all’interno della popolazione, e in particolare dividendo i colpiti per fattori particolari come sesso, età, regione, tipo di lavoro. Il tutto per indirizzare al meglio le politiche che il governo italiano dovrà mettere in campo.
Settecento volontari adeguatamente formati della Croce Rossa Italiana (Cri) hanno così chiamato ieri i cittadini selezionati dal campione Istat, così le prime regioni che saranno interessate dai test sono: Abruzzo, Liguria, Basilicata, Province Autonome di Trento e Bolzano, Lazio. Oggi cominciano i primi prelievi nella città di Roma.
L’appello della Croce Rossa italiana
Intanto i volontari della Croce rossa italiana hanno già effettuato 7.500 telefonate per raccogliere le adesioni alla campagna. I dati però indicano che almeno un sessanta per cento degli intervistati ha dato risposte indecise. Uno su quattro invece, cioè il 25 per cento, ha risposto positivamente agli esami del sangue.
La Croce Rossa ha così anche diffuso un appello: se si riceve una chiamata con un numero che inizia con 06.5510, significa che sono loro. Non si tratta quindi di una truffa telefonica e si può stare sereni. Come sottolineato dal capo della Croce Rossa Massimo Barra: “È un servizio che potete rendere al vostro Paese attraverso un piccolo prelievo venoso”.
La chiamata arriverà sui cellulari
E come ribadito anche dal ministro della Salute Roberto Speranza, parlando alle telecamere di Sky: “È necessario e fondamentale che le persone che verranno contattate dalla Croce Rossa per i test sierologici rispondano positivamente alla chiamata. La chiamata potrà arrivare anche al cellulare. Avere questi risultati consentirà ai nostri scienziati di avere un’arma i più di conoscenza dell’epidemia nel nostro Paese”.
L’indagine che avverrà su scala nazionale è infatti stata siglata sia dall’Istat che dal ministero della Salute, in collaborazione con la Croce rossa italiana. I volontari faranno tutto il resto. L’adesione da parte dei cittadini è infatti volontaria, e anche i test sono ovviamente gratuiti. Quindi si tratta anche di un’opportunità per sottoporsi a questo tipo di analisi.
Come avverranno le analisi
Una volta effettuati, la regione si premunirà di comunicare a ciascun partecipante al test il risultato. Nel caso in cui il test fosse positivo, la persona interessata verrà sottoposta a isolamento domiciliare. A quel punto interverrà l’Asl o il Servizio sanitario regionale per il tampone naso-faringeo che possa verificare anche l’eventuale stato di contagiosità.
Finora, le regioni che paiono avere risposto con maggiore disponibilità alla chiamata sono Marche e Sardegna. Altrettanto bene hanno risposto Umbria e Lombardia, al contrario le più indecise sono Campania e Sicilia.
Non ci saranno obblighi di risposta
Il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha spiegato: “La durata complessiva della rilevazione dovrebbe essere di 15 giorni. C’è però un campione anticipatorio di circa 20 mila unità. Su una prima parte dei dati rilevati saremo quindi in grado di fornire delle anticipazioni
Non ci saranno tuttavia obblighi per i cittadini di rispondere alla chiamata. Al contrario, verrà sensibilizzata la popolazione con spot sui canali Rai e con locandine affisse nelle farmacie e nelle parafarmacie, in collaborazione con Federfarma e Federazione dell’Ordine dei farmacisti italiani.
Il numero dei test è ancora insufficiente?
Tuttavia, per il presidente dell’Accademia dei Lincei Giorgio Parisi i 150.000 test sierologici previsti risultano essere “insufficienti” a restituire un quadro epidemiologico completo delle infezioni dovute al coronavirus.
“Dobbiamo conoscere i dettagli del modo di diffusione del virus e per questo le 150.000 analisi sono del tutto insufficienti”, ha detto alla commissione Igiene e Sanità del Senato. Serve “uno studio preliminare prima di far partire uno studio più approfondito con qualche milione di analisi sierologiche”
Giovanni Bernardi
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